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Altro che Ciao, altro che Vespa, il più grande successo europeo è la Mobylette

Nata nel 1949 per “rimettere in moto il paese”, la Motobécane Mobylette percorse una strada per certi versi “parallela” a quella della nostra Vespa ma con numeri di vendita ancora più impressionanti

Mobylette Motobécane

Esattamente come accaduto per Piaggio in Italia, così in Francia, nel dopoguerra, si pose il serio problema di “rimettere in moto” il paese fornendo ai cittadini un mezzo di trasporto affidabile ed economico. Fu in questo contesto che, proprio come accadde con la Vespa, si affermò la Motobécane Mobylette. Ripercorriamone la storia. 

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L’arrivo della Mobylette nel 1949

Nel 1949 (tre anni dopo la “nostra” Vespa) Motobécane presentò a Parigi il primo modello di Mobylette. Spesso identificato con la sigla AV3, era equipaggiato con un motore a due tempi di circa 50cm3 montato direttamente sul telaio e privo di frizione. La trasmissione primaria era cinghia, la finale a catena. Pesante poco più di 28 kg, la piccola Mobylette, era così capace di una velocità massima di circa 30 km/h. Facile, robusta ed economica, ebbe subito un’enorme successo. Praticamente una bicicletta motorizzata. 

L’evoluzione

Il successo della prima Mobylette fu tale che, nel giro di un paio di anni, ne arrivano nuove versioni migliorate sotto numerosi punti di vista. Nel 1952 furono lanciate l’AV 31 e L’AV 33, dotata quest’ultima di frizione automatica e di un serbatoio più capiente, cioè da 2,5 litri contro l’1,6 della prima AV3. Altre importanti novità furono la forcella telescopica e, sul modello del 1954, il nuovo motore con pistone a testa piatta e cilindro a canna cromata, cosa che aumentava la scorrevolezza e diminuiva gli attriti. Non si era però ancora arrivati alla “vera” rivoluzione del 1955…

La rivoluzione del 1955 - 1956

Nel 1955 la piccola Mobylette festeggiava 1 milione di esemplari venduti con l’arrivo di un’importante innovazione: il Mobymatic, cioè il sistema di trasmissione con variatore a puleggia dotato di tre rapporti e frizione automatica.  Una soluzione che, benchè sviluppata ancor prima della guerra, nel 1937, sull’americano Salsbury, veniva per la prima volta abbinato ad un propulsore da 50 cm3. Il Mobymatic, semplificando, era dotato di una puleggia motrice di diametro variabile ideata perché il motore oscillasse avanti ed indietro al fine di mantenere costante la tensione della cinghia attorno ad un perno con silent-block fissato alla testa. Non solo, un anno più tardi, Motobécane arrivò un’altra importante novità, cioè il telaio tubolare rigido in sostituzione del semplice telaietto da bicicletta usato sui primi modelli. Infine, nello stesso anno, arrivò anche la nuova frizione centrifuga battezzata Dimoby che consentiva alla Mobylette di accelerare da fermo senza l’ausilio dei pedali. 

Ecco il sistema di trasmissione automatica montato nel 1955

Gli anni Sessanta: consolidamento e diversificazione

Negli anni ’60 la Mobylette si evolve ulteriormente e si espande in una gamma di modelli, ciascuno studiato per rispondere a specifiche esigenze e segmenti di mercato. Ci sono motori migliorati, come il “1010”, il “1400” e il “1700”, in cui vengono incrementate le prestazioni senza compromettere la semplicità, telai aggiornati, ed ulteriormente migliorati, nuovi pneumatici e, non meno importante per un mezzo che ormai spopolava in tutta la Francia, anche nuovi look e varianti di colore. La Mobylette divenne in questi anni qualcosa di simile al “nostro” Ciao, commercializzato per la prima volta nel 1967. 

I modelli più riusciti della Mobylette sono quelli con colori anni 70

Velomoteur andata e ritorno

Ecco la Mobylette 98, una stradale con animo tecnica da ciclomotore

A metà degli anni ’70 si assiste all’introduzione dell’accensione elettronica. “Minacciata” dalle giapponesi e dalle italiane, Motobécane lascia la strada dei ciclomotori per avventurarsi in direzione Velomoteur. Addio quindi ai pedali e benvenuto ai motori più potenti che, su modelli come l’89 o il 98, raggiungono i 4 CV di potenza a 7.000 giri e conquistano il cambio a 5 rapporti. 

La Mobylette 89 du un tentativo di allargare la gamma con modelli più lussuosi e ricchi che però non ebbe successo

Non funzionò: solo 5.000 unità prodotte, troppo poche per un gigante come Motobécane. Ci fu anche una breve parentesi, col tentativo di inserirsi nella categoria dei “mini”: un esempio il Mobyx del 1972, qui sotto. E così si tornò ai ciclomotori. Nel corso degli anni Settanta vi furono diverse evoluzioni sia nel design che nelle prestazioni. Inoltre, la presenza di versioni “booster” o ulteriormente potenziate permise di soddisfare un pubblico più esigente, mentre le versioni classiche continuarono ad essere apprezzate soprattutto per i costi irrisori e la facilità di utilizzo. In generale, dopo la parentesi Velomoteur e nonostante le numerose innovazioni, la Mobylette degli anni ’70 restò fedele al suo spirito originario: un mezzo economico, pratico e dal design inconfondibile. 

Il Mobyx fu un altro fallimento per Motobecane

Gli anni difficili e la fine della Mobylette

Un po’ come Volkswagen col suo maggiolino, con l’arrivo degli anni Ottanta, anche Motobécane si rese purtroppo conto che era ormai impossibile sopravvivere nel mercato sempre più allargato puntando tutto su di un solo modello, per quanto ottimo. Complici numerosi fattori, tra cui la spietata concorrenza nipponica, le cose si fecero sempre più complicate: la situazione finanziaria Motobécane non era buona ed i cambiamenti nelle normative (oltre alle nuove esigenze tecnologiche) portarono a una crisi interna. I costi di produzione e la necessità di investimenti per aggiornare la linea produttiva misero a dura prova la sostenibilità economica del marchio fino al necessario passaggio di proprietà ed alla nascita di MBK Industrie. E così, mentre il marchio acquisito da Yamaha si orientava verso nuove sfide, la produzione dei classici ciclomotori subì un drastico calo, segnando gli anni finali della storica Mobylette così come tutti la conoscevano. E pensare che solo 10 anni prima, dagli stabilimenti francesi di Motobécane, in un solo anno si producevano qualcosa come 850.000 bellissime Mobylette. E a fine carriera il numero complessivo raggiiunge i 14 milioni, per dare un'idea il Piaggio Ciao fu prodotto "solo" in 3 milioni di esemplari.

14 milioni di Mobylette prodotte è un record inarrivabile. Qui sopra una versione scrambler degli anni 70

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