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4 cilindri d'epoca a buon prezzo, le Honda CB400F Super Sport sono oggi un affare

Ultima della famiglia CB, la 400F Super Sport ebbe vita breve ma intensa. Più “equilibrata” della sorellona 750, venne anche schierata tra le 500 nelle gare anni Settanta riservate alle derivate di serie. Oggi è un buon modello per avvicinarsi al motociclismo storico

CB400f SS

Presentata al Salone di Colonia del 1974, la CB400F Super Sport ebbe fin da subito un notevole successo. Sostituiva la più piccola 350, di cui condivideva il quattro cilindri  in linea frontemarcia lasciato praticamente inalterato se non per l’aumento di cilindrata, ottenuto tramite un alesaggio di 51mm anziché 47 e si affiancava alla sorellona da 750 cm3, dedicata quest’ultima a chi cercava prestazioni più elevate. Da alcuni considerata meno elegante, forse per le forme più spigolose e per l’assenza dello scarico 4 in 4 (sostituito da un altrettanto fascinoso 4 in 1), la nuova CB400F SS chiudeva di fatto il ciclo delle 4 cilindri monoalbero della famiglia CB, quella nata nel 1969 con la famosa 750 KO. Ma andiamo con ordine. 

Il “ciclo di vita”

Vista a Colonia, la CB400F Super Sport arrivò nelle concessionarie i primi mesi del 1975, (da noi costava 1milione e 200mila lire), ove rimase per sole tre stagioni prima di uscire definitivamente di produzione. Ne furono prodotte tre versioni, sostanzialmente identiche: la CB400F del 1975, la CB400F1 del 1976 e la CB400F2 nel 1977 per un totale di 105.160 esemplari. Anche per questo, sul mercato dell’usato se ne trovano di interessanti…

Come andava

Si comportava bene: era versatile, brillante e poco assetata. L’impostazione era forse più sportiva (rispetto alla 350 per esempio le pedane guidatore risultavano un po’ più arretrate), ma il manubrio non era troppo basso e, nel complesso, risultava comoda anche per qualche gita in coppia. Più “tiepidi” ma unanimi i giudizi sul reparto sospensioni, considerato insufficiente, con gli ammortizzatori posteriori troppo morbidi e la forcella anteriore cedevole. Niente da dire invece, se non elogi, per quanto riguarda l’affidabilità e la qualità costruttiva, da vera giapponese. Come per tutte le altre 4 cilindri della serie CB, i problemi erano davvero pochi e la manutenzione ridotta al minimo (se paragonata a quella richiesta da molte concorrenti europee). Giusto un cambio d’olio ogni 3mila km ed una controllata al liquido freni ogni 5mila. Nulla di più…

Il motore

Cuore della 400F SS era il 4 cilindri in linea frontemarcia inclinati in avanti di 15°, 4 tempi, raffreddato ad aria da 408 cm3 capace di una potenza massima di 37 CV a 8.500 giri. Avviamento sia elettrico che a pedale, frizione multidisco in bagno d’olio e cambio a 6 rapporti. Il tutto per una velocità massima di ben 168,2 km/h. 

La ciclistica

Il telaio monoculla sdoppiato in tubi d’acciaio era abbinato ad una forcella telescopica da 33 mm con escursione di 114mm davanti (da molti considerata un po’ cedevole) e, dietro, a due ammortizzatori idraulici regolabili su 5 posizioni di molla. L’impianto frenante si componeva invece di un disco anteriore da 260mm con pinza a singolo pistoncino con comando idraulico e da un tamburo monocamma da 160mm fornito di indicatore d’usura. Le ruote, a raggi, erano calzate da pneumatici Bridgestone nelle dimensioni 3.00 -18 davanti e 3.50 - 18 dietro. 

Il look

Come accennato, il look della nuova CB fu dalle prime battute considerato meno elegante di quello della sorellina 350 a causa delle linee più spigolose e dell’assenza del bellissimo scarico 4 in uno. La stessa Honda lo definì “Continental Style”, cioè più adatto ai gusti europei…I dettagli però erano curati, da nipponica: la strumentazione ad esempio, composta da tachimetro con contachilometri totale e parziale e contagiri è è qualità, simile a quella montata sulla 350, con una buona visibilità diurna ed un’altrettanto buona precisione degli strumenti. Le spie di servizio sono 4, con folle, luci abbaglianti, pressione olio e indicatori di direzione. Discorso analogo per i comandi al manubrio (che poi sono sostanzialmente identici a quelli montata sulla sorellona da 750), durevoli, precisi e di buona qualità. Quattro le colorazioni disponibili: Light Ruby Red e Burnish Blue per i modelli del 1975, Light Ruby Red e Parakeet Yellow per quelli del 76 e Candy Antares Red e Parakeet Yellow per quelli del 1977. 

La carriera sportiva

Benché breve, la  CB400F Super Sport ebbe una fulgida carriera anche nelle gare riservate alle derivate di serie. Il biennio 1976-77 la vide schierata nella categoria 500, dov’era preferita alla CB500 per via della prestazioni molto simili a fronte però di un peso ridotto. Tanto faceva anche il cambio a 6 marce. Intendiamoci: il regolamento era in quegli anni particolarmente “permissivo” ed i preparatori avevano modo di sbizzarrirsi e scatenarsi come meglio credevano. A loro dovettero la vittoria Giovanni Pellettier, vincitore del Trofeo nel ’76 e Gianni Del Carro, primo classificatosi nel 1977.

 

Trovarne di usate…

La vita della CB400F SS fu breve ma intensa: in soli tre anni ne furono prodotti oltre 105mila esemplari, cosa che rende questo modello non così difficile da reperire sul mercato dell’usato (difficile trovarne con collettore originale, che all’epoca veniva spesso sostituito in favore di uno più aperto e performante). Chiaramente, i prezzi dipendono dalle condizioni meccaniche e dallo stato generale della moto. Il prezzo medio si mantiene ad oggi tra i 3 e i 4mila euro, pur con qualche margine di trattativa. Con un pizzico di pazienza si possono rintracciare anche i modelli utilizzati per le competizioni riservate alle derivate di serie, ma qui si va su tutt’altra (leggasi sproporzionata) fascia di prezzo…

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