Sardegna Gran Tour parte seconda: Iglesiente, Campidano e ritorno a Olbia
La terza e quarta tappa presentano una grandissima varietà di paesaggi: falesie a picco sul mare, miniere, complessi nuragici, piste sabbiose e un po' di asfalto tutto curve. I terreni non sono mai difficili, l'aspetto più complicato da affrontare è lasciare la tavola per rimettersi in moto dopo pranzo
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Off-Road
Quando si ha la fortuna di girare in moto in una terra bella come la Sardegna, è davvero un gran peccato non avere il tempo di godersi qualche momento senza il casco in testa a godersi il paesaggio. Il Sardegna Gran Tour prevede molti chilometri (più di 1500 per chi torna a Milano), ma è stato organizzato con percorsi “intelligenti”, che permettono qualche taglio all'occorrenza, soprattutto dopo pranzo. Al terzo giorno inoltre è stata pianificata una tappa ad anello che ha permesso a tutti di divertirsi senza affaticarsi troppo. Andiamo a concludere il nostro viaggio con gli ultimi stage raccontati dal nostro Guido Sassi (e la seconda parte del video).
Da Arborea ad Arborea, quante cose da vedere
La terza tappa va dal Campidano all'Iglesiente, per poi tornare a ad Arborea dopo un abbondante pasto a Gonnesa, organizzato dal moto club locale nel complesso nuragico di Seruci. Nei primi chilometri di giornata attraversiamo la piana di Terralba e poi prendiamo quota per facili tracce, tra vigneti e oliveti, campi incolti e bosco.
Tornati sulla strada asfaltata puntiamo Guspini, poi Montevecchio, addentrandoci nella zona delle miniere. Si torna quindi sulla SS126 e si sale sul versante opposto della valle, puntando Arenas. Si guadagna decisamente quota, per raggiungere Antas e il suo sito minerario, noto per l'estrazione del ferro. I chilometri sono poco più di cento, in breve si raggiunge il passo di Genna Bogai, che nonostante la quota modesta (549 metri sul livello del mare), può presentare un clima severo. Qualche goccia d'acqua serve più che altro a ricordarci di portare sempre qualcosa di impermeabile nella borsa, dal chilometro 118 procediamo in quota su una carrareccia facile ma divertente, dove a tratti il paesaggio si apre a perdita d'occhio. Le montagne intorno a noi sembrano tante teste di giganti che si alzano dalla pianura, il percorso presenta un fondo abbastanza morbido ma compatto, diversi whoops che mettono le sospensioni alla prova e chiedono al pilota di rimanere concentrato. Lentamente iniziamo a scendere e rimaniamo in una valle interna che dà realmente l'impressione di essere nascosti al mondo. Ormai i chilometri sono 130 e mi domando dov'è finito il mare, visto che prima del ristoro dovremmo incontrarlo. All'improvviso, da dietro una curva, la strada si apre come un sipario su falesie che precipitano dritte nel Mediterraneo. Il mare è mosso, da così in alto le lunghe file di cavalloni si stendono lungo la costa come burro spalmato su un'immensa fetta di pane. Sono pensieri da pranzo, ma la strada che scende verso Buggerru non solo è molto bella e panoramica: permette anche di guadagnare velocemente chilometri verso Gonnesa, che raggiungiamo sempre danzando tra belle curve - ora in asfalto- fino alla nostra meta. Il nuraghe Seruci ci accoglie con tutta l'ospitalità generosa dei sardi, il fumo che si alza dalla griglia è un'inequivocabile presagio di felicità in arrivo a tavola.
Mangiamo, visitiamo il complesso e torniamo verso nord: tanta strada e una puntata a Piscinas, con la spiaggia che inviterebbe a un ulteriore break, ma non c'è tempo. Anche oggi, all'arrivo di Arborea, i chilometri sono più di 300, ma manca ancora una tappa all'appello.
Non solo off
Il briefing del dopo cena è sempre molto utile: in un'atmosfera del tutto informale si viene aggiornati sulle novità del percorso, ci si segna quelle tre cose da tenere a mente per integrare una traccia sempre comunque molto chiara, davvero a prova di novizio. Per chi inizia anche questi sono momenti preziosi: per imparare a vivere bene un rally turistico ci sono mille aspetti da considerare e l'organizzazione di Zocchi ha sempre un buon consiglio che il novizio può mettersi in tasca.
Il quarto giorno la tappa ci deve riportare a malincuore fino a Olbia, ma i primi chilometri sono una vera goduria. Incominciamo con un paio di piste veloci nei dintorni del villaggio western di San Salvatore: nel paese degli Scalzi sono stati girate tra gli anni '60 e '70 diverse scene di spaghetti western, tra i quali Giarrettiera Colt. Poi proseguiamo su un fondo a tratti sabbioso, molto facile, a ridosso dell'area marina protetta del Sinis, risaliamo oltre la famosa spiaggia di Is Arutas.
Dopo 50 chilometri davvero godibili è giunto per me il momento di una lunga digressione su asfalto, ma la strada che sale verso nord è davvero molto bella: asfalto perfetto, la Bosa-Alghero è un gioiello che non lascia indifferente nemmeno il più incallito fuoristradista.
Chilometri tanti, ma non a tavola
Prima di Alghero abbandoniamo la SP105 e prendiamo la SS292, salendo fino a Borutta. Sono altri 50 chilometri, tutte curve su saliscendi mangia e bevi. La sagoma della cattedrale di San Pietro di Sorres accoglie i visitatori dalla sommità della collina di Monte Mura. La basilica romanica vale una sosta, e avendo tempo anche la grotta di Ulari, scavata nelle rocce carsiche della rupe, meriterebbe una visita. Noi però siamo ospiti per il terzo pranzo luculliano in tre giorni. Formaggi, affettati, pecora e cinghiale alla cacciatora: tutto buonissimo e abbondante, rigorosamente a chilometri zero. È il segno di una comunità che crede nei propri valori e che ha l'orgoglio di mostrarsi nella propria genuinità ai visitatori. Se poi a pranzo ci sono dei motociclisti, la sintonia scatta immediata. Un paio di bicchieri di buon vino rosso ci fanno indugiare a tavola, tra chiacchiere con i locali e i primi aneddoti già dal sapore vagamente nostalgico. Manca poco infatti al ritorno a casa, un centinaio di chilometri prima del traghetto di ritorno.
L'imbarco avviene in serata, la moto torna sulla nave decisamente più impolverata e con gomme ben consumate rispetto all'andata, ma ne è valsa la pena. Il Sardegna Gran Tour è un vero concentrato di paesaggi, bei percorsi e ottima compagnia: panorami e tracce da registrare soprattutto con gli occhi e nella memoria, per lasciarli poi venire a galla con calma nei giorni e nelle settimane a seguire, quando il lavoro e la città ci fanno apprezzare ancora di più quei bei momenti di libertà.
Da Arborea ad Arborea, quante cose da vedere
La terza tappa va dal Campidano all'Iglesiente, per poi tornare a ad Arborea dopo un abbondante pasto a Gonnesa, organizzato dal moto club locale nel complesso nuragico di Seruci. Nei primi chilometri di giornata attraversiamo la piana di Terralba e poi prendiamo quota per facili tracce, tra vigneti e oliveti, campi incolti e bosco.
Tornati sulla strada asfaltata puntiamo Guspini, poi Montevecchio, addentrandoci nella zona delle miniere. Si torna quindi sulla SS126 e si sale sul versante opposto della valle, puntando Arenas. Si guadagna decisamente quota, per raggiungere Antas e il suo sito minerario, noto per l'estrazione del ferro. I chilometri sono poco più di cento, in breve si raggiunge il passo di Genna Bogai, che nonostante la quota modesta (549 metri sul livello del mare), può presentare un clima severo. Qualche goccia d'acqua serve più che altro a ricordarci di portare sempre qualcosa di impermeabile nella borsa, dal chilometro 118 procediamo in quota su una carrareccia facile ma divertente, dove a tratti il paesaggio si apre a perdita d'occhio. Le montagne intorno a noi sembrano tante teste di giganti che si alzano dalla pianura, il percorso presenta un fondo abbastanza morbido ma compatto, diversi whoops che mettono le sospensioni alla prova e chiedono al pilota di rimanere concentrato. Lentamente iniziamo a scendere e rimaniamo in una valle interna che dà realmente l'impressione di essere nascosti al mondo. Ormai i chilometri sono 130 e mi domando dov'è finito il mare, visto che prima del ristoro dovremmo incontrarlo. All'improvviso, da dietro una curva, la strada si apre come un sipario su falesie che precipitano dritte nel Mediterraneo. Il mare è mosso, da così in alto le lunghe file di cavalloni si stendono lungo la costa come burro spalmato su un'immensa fetta di pane. Sono pensieri da pranzo, ma la strada che scende verso Buggerru non solo è molto bella e panoramica: permette anche di guadagnare velocemente chilometri verso Gonnesa, che raggiungiamo sempre danzando tra belle curve - ora in asfalto- fino alla nostra meta. Il nuraghe Seruci ci accoglie con tutta l'ospitalità generosa dei sardi, il fumo che si alza dalla griglia è un'inequivocabile presagio di felicità in arrivo a tavola.
Mangiamo, visitiamo il complesso e torniamo verso nord: tanta strada e una puntata a Piscinas, con la spiaggia che inviterebbe a un ulteriore break, ma non c'è tempo. Anche oggi, all'arrivo di Arborea, i chilometri sono più di 300, ma manca ancora una tappa all'appello.
Non solo off
Il briefing del dopo cena è sempre molto utile: in un'atmosfera del tutto informale si viene aggiornati sulle novità del percorso, ci si segna quelle tre cose da tenere a mente per integrare una traccia sempre comunque molto chiara, davvero a prova di novizio. Per chi inizia anche questi sono momenti preziosi: per imparare a vivere bene un rally turistico ci sono mille aspetti da considerare e l'organizzazione di Zocchi ha sempre un buon consiglio che il novizio può mettersi in tasca.
Il quarto giorno la tappa ci deve riportare a malincuore fino a Olbia, ma i primi chilometri sono una vera goduria. Incominciamo con un paio di piste veloci nei dintorni del villaggio western di San Salvatore: nel paese degli Scalzi sono stati girate tra gli anni '60 e '70 diverse scene di spaghetti western, tra i quali Giarrettiera Colt. Poi proseguiamo su un fondo a tratti sabbioso, molto facile, a ridosso dell'area marina protetta del Sinis, risaliamo oltre la famosa spiaggia di Is Arutas.
Dopo 50 chilometri davvero godibili è giunto per me il momento di una lunga digressione su asfalto, ma la strada che sale verso nord è davvero molto bella: asfalto perfetto, la Bosa-Alghero è un gioiello che non lascia indifferente nemmeno il più incallito fuoristradista.
Chilometri tanti, ma non a tavola
Prima di Alghero abbandoniamo la SP105 e prendiamo la SS292, salendo fino a Borutta. Sono altri 50 chilometri, tutte curve su saliscendi mangia e bevi. La sagoma della cattedrale di San Pietro di Sorres accoglie i visitatori dalla sommità della collina di Monte Mura. La basilica romanica vale una sosta, e avendo tempo anche la grotta di Ulari, scavata nelle rocce carsiche della rupe, meriterebbe una visita. Noi però siamo ospiti per il terzo pranzo luculliano in tre giorni. Formaggi, affettati, pecora e cinghiale alla cacciatora: tutto buonissimo e abbondante, rigorosamente a chilometri zero. È il segno di una comunità che crede nei propri valori e che ha l'orgoglio di mostrarsi nella propria genuinità ai visitatori. Se poi a pranzo ci sono dei motociclisti, la sintonia scatta immediata. Un paio di bicchieri di buon vino rosso ci fanno indugiare a tavola, tra chiacchiere con i locali e i primi aneddoti già dal sapore vagamente nostalgico. Manca poco infatti al ritorno a casa, un centinaio di chilometri prima del traghetto di ritorno.
L'imbarco avviene in serata, la moto torna sulla nave decisamente più impolverata e con gomme ben consumate rispetto all'andata, ma ne è valsa la pena. Il Sardegna Gran Tour è un vero concentrato di paesaggi, bei percorsi e ottima compagnia: panorami e tracce da registrare soprattutto con gli occhi e nella memoria, per lasciarli poi venire a galla con calma nei giorni e nelle settimane a seguire, quando il lavoro e la città ci fanno apprezzare ancora di più quei bei momenti di libertà.
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