Supera il limite di velocità su strada sconnessa: no al risarcimento
Sempre più difficile ottenere risarcimenti, anche se si ha in parte ragione. Una recente sentenza ha negato il risarcimento a un motociclista che, percorrendo un tratto di strada sconnesso, era caduto riportando lesioni gravissime: per i giudici se avesse rispettato il limite di velocità non si sarebbe verificato l’incidente
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Risarcimenti sempre più difficili
Tempi duri per ottenere i risarcimenti dei danni subiti nei sinistri stradali, anche se le condizioni della strada non sono in regola. Sul piatto della bilancia della giustizia due comportamenti illegittimi: da un lato l’amministrazione proprietaria della strada che non svolge la necessaria manutenzione, dall’altro il centauro che supera il limite di velocità imposto dalla segnaletica, a perdere è il motociclista.
A negare la richiesta di risarcimento avanzata da un motociclista ferito a seguito di una caduta, è stata una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 19001 del 27 settembre 2016), che ha confermato quanto deciso dai giudici nei due gradi precedenti, senza neppure riconoscere un minimo di concorso di colpa in capo all’amministrazione che non aveva provveduto a tenere in ordine la strada.
Il sinistro avvenne in un tratto di strada extraurbano sconnesso che, come risulta dalle foto depositate in giudizio, non presentava avvallamenti tali da determinare una turbativa alla circolazione se gli utenti si fossero conformati alla segnaletica. Il limite di velocità previsto era di 50 km/h. Come emerge dalla testimonianza di un uomo che circolava in direzione contraria, la segnaletica del dosso, risultante dalle foto, era visibile da 100 metri. Per la Cassazione la velocità della moto non era adeguata allo stato della strada: la stessa è stata stimata in 50 km/h all'ora dai compagni di viaggio del motociclista, in 60 km/h dal testimone, in 70 km/h dal consulente tecnico, che ha dato adeguata risposta alle osservazione del consulente di parte, evidenziando che con la velocità inferiore di 29 km/h la moto non si sarebbe impennata causando la perdita di controllo. Quindi l’eccesso di velocità è stato considerato esclusiva causa del sinistro, e l’omessa manutenzione non è stata neppure considerata come concausa secondaria.
Tempi duri per ottenere i risarcimenti dei danni subiti nei sinistri stradali, anche se le condizioni della strada non sono in regola. Sul piatto della bilancia della giustizia due comportamenti illegittimi: da un lato l’amministrazione proprietaria della strada che non svolge la necessaria manutenzione, dall’altro il centauro che supera il limite di velocità imposto dalla segnaletica, a perdere è il motociclista.
A negare la richiesta di risarcimento avanzata da un motociclista ferito a seguito di una caduta, è stata una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 19001 del 27 settembre 2016), che ha confermato quanto deciso dai giudici nei due gradi precedenti, senza neppure riconoscere un minimo di concorso di colpa in capo all’amministrazione che non aveva provveduto a tenere in ordine la strada.
Il sinistro avvenne in un tratto di strada extraurbano sconnesso che, come risulta dalle foto depositate in giudizio, non presentava avvallamenti tali da determinare una turbativa alla circolazione se gli utenti si fossero conformati alla segnaletica. Il limite di velocità previsto era di 50 km/h. Come emerge dalla testimonianza di un uomo che circolava in direzione contraria, la segnaletica del dosso, risultante dalle foto, era visibile da 100 metri. Per la Cassazione la velocità della moto non era adeguata allo stato della strada: la stessa è stata stimata in 50 km/h all'ora dai compagni di viaggio del motociclista, in 60 km/h dal testimone, in 70 km/h dal consulente tecnico, che ha dato adeguata risposta alle osservazione del consulente di parte, evidenziando che con la velocità inferiore di 29 km/h la moto non si sarebbe impennata causando la perdita di controllo. Quindi l’eccesso di velocità è stato considerato esclusiva causa del sinistro, e l’omessa manutenzione non è stata neppure considerata come concausa secondaria.
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