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SBK, Brembo: 7 cose che non sapete sui freni dei piloti

La stagione SBK 2017 è alle porte e Brembo, il massimo produttore mondiale di impianti frenanti per moto di serie e da competizione, ha pubblicato alcune curiosità relative ai freni SBK e ai "gusti" dei piloti del mondiale
Sette "segreti"
La stagione 2017 del mondiale Superbike prenderà in via la settimana prossima in Australia, piloti e case da domani lavoeranno per affinare il set-up delle lororo. I dettagli da controllare sono tanti, non ultimo il lavoro dell'impianto frenante, fondamentale per ottenere prestazioni di livello e ricavare il massimo in pista. Brembo è senza dubbio l'azienda leader in questo settore, non solo per la qualità dei prodotti destinati alla serie ma anche per la sua presenza sulle piste di tutto il mondo, non è un caso che i prodotti italiani equipaggino quasi tutte le moto coinvolte nel Mondiale. In attesa che i motori delle derivate di serie si accendano, ecco sette curiosità svelate da Brembo sui freni SBK e sul modo di utilizzarli dei piloti. 

1) Tom Sykes è l’unico pilota che utilizza i freni nella massima configurazione: il britannico, campione del mondo 2014 con la Kawasaki, ha fama di grande staccatore. Una fama resa possibile dai dischi impiegati: da alcuni anni Sykes si affida ai dischi da 336 mm con spessore da 7,1 mm. I suoi rivali invece si dividono tra quanti prediligono i dischi da 328 mm e quanti, pur usando i dischi da 336 mm, adottano lo spessore da 6,5 mm.

2) Ciascuna de 4 combinazioni del punto precedente (2 alternative per il diametro, altrettante per lo spessore) presenta vantaggi e svantaggi: chi è più gentile sui freni predilige i dischi da 328 mm, più leggeri di quelli da 336 mm. All’opposto, chi frena più forte sceglie il diametro maggiore perché può esercitare una maggiore pressione pagando però pegno in termini di peso. Anche l’aumento di spessore si traduce in una crescita del peso e quindi in un maggiore effetto giroscopico.

3) Jordi Torres e Leon Camier impiegano pastiglie anteriori con il sezione radiante che riduce il surriscaldamento del liquido freno. Al di là di questo non trascurabile vantaggio, queste pastiglie vengono impiegate soprattutto perché agevolano il cambio rapido della ruota anteriore ai box: le pastiglie con "radiatore" sono infatti fissate ai pistoni e pertanto non rischiano di inclinarsi durante il montaggio della ruota interferendo con il diametro interno del disco.
Per tenere in posizione le pastiglie, altri piloti utilizzano invece una molla che però è meno precisa. D’altra parte le pastiglie con radiatore sono leggermente più pesanti delle normali e anche asimmetriche, caratteristiche non gradite a tutti i piloti.

4) I dischi in acciaio inox danno il loro meglio quando la temperatura è compresa tra i 370 gradi e i 560 gradi: se il valore è più basso, i piloti rischiano di trovarsi di fronte a risposte incostanti della leva. Invece se il calore supera di una quarantina di gradi l’intervallo consigliato, il sistema funziona ancora ma le pastiglie si consumano più rapidamente. Oltre i 600 gradi è forte il rischio di malfunzionamento dei freni.

5) Jonathan Rea usa pinze EVO, così come tutti i piloti che prediligono gli impianti Brembo: rispetto ad una pinza standard l’area delle pastiglie è maggiorata di un quarto. Invariati restano invece il materiale utilizzato (l’alluminio, da regolamento) e il numero dei pistoncini (4). Per facilitare lo spurgo dell’impianto, le pinze EVO dispongono inoltre dello sgancio rapido.

6) I team analizzano in tempo reale le temperature dell’impianto frenante quando le moto tornano ai box. A differenza delle MotoGP, però, non vengono impiegati i pirometri perché l’acciaio inox dei dischi rischia di falsare il risultato. Per le rilevazioni sui dischi vengono quindi usate vernici termoviranti. Sulle pinze invece sono applicati adesivi termoviranti usa e getta.

7) Chaz Davies è tra quelli che, di solito, non effettua in prima persona il rodaggio di dischi e pastiglie. Un set di pastiglie Brembo Z04 viene solitamente usato per 400-500 km, mentre un set dischi può superare i 1500 km o, se usato su circuiti poco impegnativi, addirittura i 2000 km. Per funzionare correttamente devono però essere rodati a regola d’arte. La maggior parte dei piloti dei teams ufficiali che dispongono di test team spesso si avvantaggiano del rodaggio svolto dai piloti collaudatori.
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