Patente a Punti, comunicare nominativi falsi è reato
Comunicare alle forze dell’ordine dati o nominativi falsi è reato. Il vecchio trucchetto di “incolpare” la nonna per il verbale compilato per eccesso di velocità e salvaguardare così i punti sulla patente non funziona più: la Polizia ha aumentato i controlli e, ad aggravare ancora di più la posizione di chi sgarra, sull’altro piatto della bilancia compare il reato di sostituzione di persona
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Politica e trasporti
Niente trucchi
Entrato in vigore nel luglio del 2003, il sistema della patente a punti, da parecchi anni ormai familiare a tutti i motociclisti e gli automobilisti, prevede, in caso di un’infrazione del codice, oltre alla sanzione economica anche la decurtazione di un numero di punti a seconda della gravità della “manovra”. Del suo funzionamento e soprattutto delle procedure necessarie al recupero dei punti persi, ne avevamo già parlato: una volta terminati i punti rimasti sulla patente, il titolare è infatti costretto a “recuperarli” attraverso esami pratici o teorici. Un iter piuttosto lungo e dispendioso, che molti automobilisti preferiscono - o hanno spesso preferito - evitare “aggirando” il problema e fornendo cioè nominativi altri (quello della nonna o della zia che ormai non tocca più l’auto da anni) alle forze dell’ordine. Un trucchetto disonesto e ormai sul punto di essere smascherato: la polizia, conscia del problema, avrebbe infatti iniziato a incrociare informazioni e dati per effettuare controlli più capillari, promettendo la contestazione del reato di sostituzione di persona. Un reato grave, procedibile d’ufficio e punibile con una pena che prevede fino ad un anno di reclusione: recentemente, la Cassazione ha condannato penalmente un uomo che, proprio per evitare la decurtazione dei punti, ha consegnato alla polizia locale, a seguito di alcune multe per violazioni al codice della strada, documentazione falsa attestante che, al momento dell’infrazione, alla guida del veicolo si trovava una terza persona e non lui.
Va tuttavia ricordato che la legge prevede, in questo senso, una sorta di “scappatoia”: in caso di omessa comunicazione dei dati dell’effettivo conducente, scatta infatti in automatico una sanzione amministrativa di tipo pecuniario che non intacca, di fatto, i punti della patente.
Una soluzione legale, in grado di salvaguardare l’automobilista da una pesante accusa penale: piuttosto che comunicare nominativi falsi, è dunque meglio tacerli del tutto (e pagare di più).
Entrato in vigore nel luglio del 2003, il sistema della patente a punti, da parecchi anni ormai familiare a tutti i motociclisti e gli automobilisti, prevede, in caso di un’infrazione del codice, oltre alla sanzione economica anche la decurtazione di un numero di punti a seconda della gravità della “manovra”. Del suo funzionamento e soprattutto delle procedure necessarie al recupero dei punti persi, ne avevamo già parlato: una volta terminati i punti rimasti sulla patente, il titolare è infatti costretto a “recuperarli” attraverso esami pratici o teorici. Un iter piuttosto lungo e dispendioso, che molti automobilisti preferiscono - o hanno spesso preferito - evitare “aggirando” il problema e fornendo cioè nominativi altri (quello della nonna o della zia che ormai non tocca più l’auto da anni) alle forze dell’ordine. Un trucchetto disonesto e ormai sul punto di essere smascherato: la polizia, conscia del problema, avrebbe infatti iniziato a incrociare informazioni e dati per effettuare controlli più capillari, promettendo la contestazione del reato di sostituzione di persona. Un reato grave, procedibile d’ufficio e punibile con una pena che prevede fino ad un anno di reclusione: recentemente, la Cassazione ha condannato penalmente un uomo che, proprio per evitare la decurtazione dei punti, ha consegnato alla polizia locale, a seguito di alcune multe per violazioni al codice della strada, documentazione falsa attestante che, al momento dell’infrazione, alla guida del veicolo si trovava una terza persona e non lui.
Va tuttavia ricordato che la legge prevede, in questo senso, una sorta di “scappatoia”: in caso di omessa comunicazione dei dati dell’effettivo conducente, scatta infatti in automatico una sanzione amministrativa di tipo pecuniario che non intacca, di fatto, i punti della patente.
Una soluzione legale, in grado di salvaguardare l’automobilista da una pesante accusa penale: piuttosto che comunicare nominativi falsi, è dunque meglio tacerli del tutto (e pagare di più).
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