A Novegro il mercatino e la storia della Laverda
In scena questo fine settimana al parco esposizione di Novegro, la 78° Mostra Scambio di auto, moto e ricambi d’epoca quest’anno dedica la consueta mostra tematica alla Laverda e alla sua lunga e storia
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A Novegro come da tradizione è di scena questo fine settimana il mercatino dedicato a ricambi e veicoli d’epoca, un occasione per incontrare tanti appassionati e per trovare, magri, proprio il pezzo che serve per completare il vostro restauro (in gallery alcune foto fatte dal nostro amico Max Morri). Altro appuntamento fisso a Novegro è la mostra tematica che quest’anno è dedicata alla storia della Laverda, un evento nell’evento che vale la pensa visitare.
Una storia veneta
La prima moto di Laverda prende forma nel ‘47 -‘48 per mano della Laverda a Breganze. Dove, fra tanta agricoltura , c’è già una certa formazione tecnica perché la famiglia Laverda possiede da quasi un secolo una fabbrica di macchine agricole (e inizialmente anche di orologi da campanile).
Francesco Laverda pensa alle moto con uno spirito quasi missionario. “Mio padre non era un motociclista” ricordava il figlio Massimo “ma voleva contribuire al miglioramento delle condizioni sociali con un mezzo di trasporto utilitario, molto economico ed affidabile. Ha quindi pensato ad una moto leggera. Poi si appassionerà anche alle corse, specialmente quelle di gran fondo, su e giù per l’Italia ma sempre nell’intento di diffondere la motorizzazione popolare, di dar lavoro a tanta gente per accelerare la ricostruzione del Paese”.
La prima Laverda è una 75 cc quattro tempi che consente di andare in due e consuma come un ciclomotore a due tempi, il successo della 75 (e della sorella di 100) dura una decina d’anni, propiziato dalle travolgenti affermazioni collettive nella Milano-Taranto, nel Giro d’Italia ma anche nei campionati junior e nelle corse in salita. Poi il mercato dele due ruote economiche entra in crisi e la casa deve reinventarsi, nascono allora le “motopesanti”, maxi da 750 e 1000 cc che segneranno il culmine della produzione della casa veneta. La ripresa parte nel ’67, basti dire che per soddisfare le richieste si renderà necessaria nel ’74 la costruzione di un nuovo stabilimento, questa volta alla periferia di Breganze con pista di prova annessa e 300 dipendenti.
Dal ’68 al ’77 verranno prodotte la bellezza di 18.500 “750”, dal ’73 all’86 saranno invece 12.550 le “1000-1200” che scenderanno dalla catena di montaggio. Accanto a queste maxi moto, esportate in tutto il mondo e valorizzate dai successi sportivi, fioriscono intanto molte altre proposte come il Chott 250 due tempi da fuoristrada (1974), la 350 - 500 bicilindrica quattro valvole (1975), la LZ 125 con motore Zundapp (1977), l’HW da fuoristrada 125-250 con motore Husqvarna (1976), infine la Lesmo, sportivissima 125 con motore tutto Laverda che scenderà anche in pista per un trofeo monomarca.
Negli anni Ottanta la situazione si fa difficile, sia per la concorrenza dei giapponesi sia per problematiche interne. Nel 2000 viene acquistata da Aprilia, quando anche la casa di Noale entra in crisi il “pacchetto” (Aprilia, Guzzi, Laverda) viene acquisito da Piaggio.
Una storia veneta
La prima moto di Laverda prende forma nel ‘47 -‘48 per mano della Laverda a Breganze. Dove, fra tanta agricoltura , c’è già una certa formazione tecnica perché la famiglia Laverda possiede da quasi un secolo una fabbrica di macchine agricole (e inizialmente anche di orologi da campanile).
Francesco Laverda pensa alle moto con uno spirito quasi missionario. “Mio padre non era un motociclista” ricordava il figlio Massimo “ma voleva contribuire al miglioramento delle condizioni sociali con un mezzo di trasporto utilitario, molto economico ed affidabile. Ha quindi pensato ad una moto leggera. Poi si appassionerà anche alle corse, specialmente quelle di gran fondo, su e giù per l’Italia ma sempre nell’intento di diffondere la motorizzazione popolare, di dar lavoro a tanta gente per accelerare la ricostruzione del Paese”.
La prima Laverda è una 75 cc quattro tempi che consente di andare in due e consuma come un ciclomotore a due tempi, il successo della 75 (e della sorella di 100) dura una decina d’anni, propiziato dalle travolgenti affermazioni collettive nella Milano-Taranto, nel Giro d’Italia ma anche nei campionati junior e nelle corse in salita. Poi il mercato dele due ruote economiche entra in crisi e la casa deve reinventarsi, nascono allora le “motopesanti”, maxi da 750 e 1000 cc che segneranno il culmine della produzione della casa veneta. La ripresa parte nel ’67, basti dire che per soddisfare le richieste si renderà necessaria nel ’74 la costruzione di un nuovo stabilimento, questa volta alla periferia di Breganze con pista di prova annessa e 300 dipendenti.
Dal ’68 al ’77 verranno prodotte la bellezza di 18.500 “750”, dal ’73 all’86 saranno invece 12.550 le “1000-1200” che scenderanno dalla catena di montaggio. Accanto a queste maxi moto, esportate in tutto il mondo e valorizzate dai successi sportivi, fioriscono intanto molte altre proposte come il Chott 250 due tempi da fuoristrada (1974), la 350 - 500 bicilindrica quattro valvole (1975), la LZ 125 con motore Zundapp (1977), l’HW da fuoristrada 125-250 con motore Husqvarna (1976), infine la Lesmo, sportivissima 125 con motore tutto Laverda che scenderà anche in pista per un trofeo monomarca.
Negli anni Ottanta la situazione si fa difficile, sia per la concorrenza dei giapponesi sia per problematiche interne. Nel 2000 viene acquistata da Aprilia, quando anche la casa di Noale entra in crisi il “pacchetto” (Aprilia, Guzzi, Laverda) viene acquisito da Piaggio.
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