Moto elettriche, l'autonomia potrebbe non essere più un problema
Dall’università canadese di Waterloo arrivano grandi notizie per il mondo della mobilità elettrica: un team di ricercatori sembrerebbe infatti aver trovato una soluzione al problema dell’autonomia. Potrebbe essere una svolta epocale
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Green Planet
Moto elettiche
Ormai vista come il futuro della mobilità, che si parli di due o di quattro ruote la propulsione elettrica ha fatto negli ultimi anni enormi passi in avanti, dimostrandosi perfettamente in grado di sostituire, anche se non nell’immediato, quella a carburanti fossili (clicca qui per visitare la nostra sezione Green Planet e scoprire così tutte le novità in fatto di mobilità sostenibile). Il suo principale limite consiste tuttavia nella scarsa autonomia: da anni i ricercatori di tutto il mondo sono al lavoro per trovare soluzioni capaci di aumentare la durata delle batterie e consentire così ai veicoli elettrici di imporsi con decisione sul mercato. Una svolta in questo senso sembrerebbe arrivare dal Canada e, più precisamente, dall’Università di Waterloo: supervisionati dalla professoressa di chimica Linda Nazar, un team di ricercatori ha scoperto che, grazie all’utilizzo di un nanosheet di biossido di manganese, le prestazioni delle tradizionali batterie litio-zolfo potrebbero addirittura triplicarsi. La spiegazione è ovviamente complessa e di difficile comprensione ai non addetti ai lavori. Semplificando, potremmo dire che la chiave sta tutta nella trasformazione del catodo di zolfo, cioè l’elettrodo separato dall’anodo, in un catodo ad altissime prestazioni, capace cioè di ricaricare oltre 2mila volte. Il tutto è reso possibile dal nanosheet di biossido di manganese, inteso come una struttura bidimensionale dal ridottissimo spessore che, sostituendosi all’ossido di titanio metallico, sarebbe in grado di stabilizzare lo zolfo in modo drasticamente più efficace.
La scoperta dei ricercatori pone le basi sui precedenti e ben più datati studi condotti nella metà dell’800, quando, per la prima volta, si pensò a come stabilizzare lo zolfo, materiale assai abbondante ed economico, ma difficilmente utilizzabile nelle batterie a causa della sua propensione a sciogliersi nella soluzione elettrolitica. "Pochissimi ricercatori studiano o insegnano ancora chimica sulfurea", ha detto Nazar. "È ironico che abbiamo dovuto guardare così indietro nella letteratura per capire qualcosa che possa cambiare radicalmente il nostro futuro."
La scoperta dei ricercatori pone le basi sui precedenti e ben più datati studi condotti nella metà dell’800, quando, per la prima volta, si pensò a come stabilizzare lo zolfo, materiale assai abbondante ed economico, ma difficilmente utilizzabile nelle batterie a causa della sua propensione a sciogliersi nella soluzione elettrolitica. "Pochissimi ricercatori studiano o insegnano ancora chimica sulfurea", ha detto Nazar. "È ironico che abbiamo dovuto guardare così indietro nella letteratura per capire qualcosa che possa cambiare radicalmente il nostro futuro."
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