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Max Biaggi: "All'inizio non respiravo"

L’intervento al polmone è andato per il meglio e Max Biaggi (dimesso dall'ospedale ma ancora in convalescenza) sta facendo fisioterapia presso l'Istituto di Medicina e Scienze dello Sport. Intervistato dal Corriere racconta dell’incidente, di chi gli è stato vicino - colleghi compresi - scherzando anche sulla sua “bellissima tuta” fatta a pezzi
Biaggi intervistato dal Corriere
All’incidente del 9 giugno sono seguiti per il sei volte campione giorni di paura e sacrificio. L’intervento al polmone della scorsa settimana è andato per il meglio e adesso, con 11 costole rotte, un’operazione da smaltire e la riabilitazione obbligatoria, la strada sembra tutta in discesa… Intervistato dal Corriere della Sera, Max Biaggi ha raccontato di non ricordarsi praticamente nulla dell’incidente e dei giorni seguenti: “per i primi tre giorni, anche a causa di tutta la morfina che mi davano, ero totalmente rintronato: Bianca (Atzei, la compagna, ndr) mi ha raccontato che dicevo certe fesserie disumane... All’inizio ricordo che non respiravo e credevo fosse colpa del casco, invece era lo schiacciamento delle costole. La cosa buona è stata che con l’elicottero mi hanno portato al San Camillo, che ho scoperto poi essere un’eccellenza nel settore. Una gran fortuna. La cosa cattiva invece - scherza il pilota romano - è che per curarmi hanno fatto a pezzi la mia bellissima tuta!”.
Max racconta anche della sua irrefrenabile passione, una forza inarrestabile che a 46 anni lo spinge ancora a rischiare così tanto, alzando di volta in volta l’asticella: “avevo vinto il Mondiale Superbike a 41 anni, ed era già un’impresa. Però dopo tre anni di inattività ho voluto vedere se ero capace di fare un podio e ce l’ho fatta. Lì però sono stato intelligente e mi sono fermato…” Accanto a lui il papà Pietro, la fidanzata Bianca Atzei, i due figli e tanti colleghi: “Marquez mi ha scritto, Lorenzo dopo Assen è venuto a trovarmi, di Valentino ho letto che è stato uno dei primi a esprimere solidarietà e mi ha fatto piacere, il grande Wayne Rainey mi ha chiamato. E poi tantissimi amici famosi e non famosi, più uno che voglio ringraziare più di tutti: il presidente del Coni, Giovanni Malagò che, oltre a venire a trovarmi, mi ha messo a disposizione i fisioterapisti del Coni con i quali ho iniziato a lavorare. Un gesto da sportivo e da uomo vero”.
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