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Incidenti per le buche: niente risarcimenti se si infrangono i limiti

La Cassazione ha negato il risarcimento dei danni a un motociclista coinvolto in un sinistro a causa dello stato dell’asfalto che presentava un rigonfiamento dovuto alle radici di un albero, nella motivazione hanno spiegato che la velocità, accertata in sede di indagini, superava il limite consentito.
Risarcimenti difficili
Ottenere un risarcimento quando i danni dipendono da un problema al manto stradale non è mai facile. Anzitutto bisogna individuare l’ente designato alla manutenzione della strada, poi la nostra istanza di risarcimento andrà di certo a finire nel groviglio burocratico che, notoriamente, domina la nostra pubblica amministrazione. Per non parlare poi dell’eventuale giudizio: la giurisprudenza oscilla tra le più disparate interpretazioni di “insidia” e non sempre delle evidenti pecche del manto stradale vengono giudicate come concorrenti all'incidente.  Ad esempio, in un caso avvenuto poco tempo fa, un centauro aveva perso il controllo del mezzo per velocità non moderata. Il manto stradale risultava gonfiato al centro della corsia a causa dell’affioramento delle radici di un pino. Detta insidia non era visibile sul manto stradale, né prevedibile, per cui viene chiamata in giudizio la Provincia per omessa custodia, ma i giudici, nei tre gradi di giudizio, la liberano da ogni responsabilità. La Corte di Cassazione (Sezione III civile, Sentenza 8 aprile 2016, n. 6841) conferma la tesi che il sinistro sia accaduto, esclusivamente, a causa della velocità tenuta dal motociclista, il quale, contemporaneamente, aveva violato sia le norme del codice della strada che le “norme di comune prudenza”. L’incidente era avvenuto in pieno giorno, in un tratto di strada che, dopo una curva volgente a destra nella direzione di marcia del motociclista, diventava rettilineo, leggermente in salita, verso la sommità di un dosso. Nello stesso tratto era segnalato il limite di velocità di 50 chilometri all’ora e la striscia bianca continua sulla mezzeria segnalava il divieto di sorpasso. Risultavano segnalati anche un incrocio, un pericolo generico per alberi in banchina, e un cartello di pericolo per dosso. La strada, inoltre, recava la segnalazione del centro abitato.
Nonostante tutto ciò il motociclista sopraggiungeva a velocità tra 92 e 114 chilometri all’ora, dopo aver sorpassato un’auto ed essere rientrato nella propria corsia di marcia. Dagli elementi raccolti i giudici hanno dedotto che se la velocità fosse stata consona allo stato dei luoghi, quanto meno prossima al limite, e se avesse rispettato la striscia bianca continua, omettendo il sorpasso, il motociclista avrebbe potuto scorgere con largo anticipo tutti i segnali presenti sul luoghi, e porre attenzione alle condizioni dell’asfalto, così da evitare l'ostacolo con una semplice sterzata. Secondo le tesi espressa dal consulente incaricato dal p.m., anche se il centauro non fosse riuscito ad evitare il rigonfiamento, non avrebbe subito alcuna conseguenza, tenuto conto della notevole (e notoria) solidità delle sospensioni e dei pneumatici del motoveicolo condotto. In sostanza la guida imprudente del motociclista, sia sotto il profilo della velocità, sia per l’omessa attenzione alle segnalazioni stradali, è stata ritenuta, nei tre gradi, sufficiente a integrare una causa esclusiva del sinistro, e quindi a sgravare da ogni responsabilità la Provincia, effettiva custode del manto rigonfiato e responsabile della relativa manutenzione.
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