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Il 2018 sarà l’anno del Telepass europeo?

Entro l’anno potrebbe prendere il via il progetto del Telepass europeo che permetterebbe a tutti i cittadini della UE di pagare i pedaggi senza fermarsi ai caselli. Bisognerà però scegliere un sistema comune e aggiornare la tariffazione. Cose non facilissime
Uno strumento unico per tutti gli europei
Quest’anno potrebbe essere quello decisivo per l’uniformazione dei differenti sistemi di pagamento automatici delle autostrade nell’Unione europea. In pole position c’è Telepass, già in uso, con modalità differenti in otto Paesi europei. In realtà è da quasi 20 anni che si parla di “telepass europeo”: lo prevedeva una direttiva del 2004, attuata nel 2009 da una decisione della Commissione Ue (la 2009/750). Eppure oggi il telepedaggio è una realtà limitata solo ad alcuni Paesi. Ecco perché la Ue sta preparando un aggiornamento della direttiva 2004/52, che dovrebbe essere approvata entro l’anno e intende diffondere i metodi per pagare senza fermarsi ai caselli. Tutto l’iter dovrebbe concludersi entro l’anno; tra i tre strumenti adatti al telepedaggio – microonde, Gsm e satellitare – il primo (quello del Telpass) è quello che dovrebbe ottenere il favore dei governanti europei, ma la questione è delicata, visto il giro d’affari e di interessi che è in gioco. Secondo punto oggetto di dibattito è il recupero dei pedaggi non pagati da stranieri. Il testo da approvare quest’anno prevede un sistema simile a quello adottato per le sanzioni per le infrazioni stradali più gravi che si basa su ponti telematici tra gli Stati per scovare i proprietari di veicoli immatricolati all’estero e inviare loro la multa. Infine, il nodo delle Eurovignette: l’obiettivo del testo è trovare criteri di tariffazione più omogenei degli attuali, rispondenti a criteri come “paga chi usa” e “paga chi inquina”, da sostituire con pedaggi in proporzione alla lunghezza della tratta percorsa, abbandonando quelli che prevedono una cifra fissa per un determinato periodo (da pochi giorni a un anno intero). A contrastare quest’ultima modifica sono però i Paesi dell’Est, che vorrebbero mantenere il criterio esistente.
 
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