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Ennio Morricone e quella Harley-Davidson di "Giù la testa"

Una Harley-Davidson e una scena cult per ricordare uno dei più grandi compositori degli ultimi Settant'anni. Il nostro saluto ad Ennio Morricone, musicista, compositore, direttore d'orchestra, marito, padre, amico
Vi ricordate l'incontro tra James Coburn e Rod Steiger, i protagonisti di "Giù la testa", uno dei film cult dello "spaghetti western" lanciato negli Anni 70 da Sergio Leone, ambientato in un Messico del 1913? Il primo entra in scena spuntando tra le polveri post esplosione in sella ad una Harley-Davidson, moto utilizzata in quegli anni dall'esercito statunitense.
Infatti, nel film, Coburn copre il ruolo di un esperto di esplosivi della "milizia" americana. Ma non è questo che ci interessa. Ad attirare la nostra attenzione è la moto, quell'Harley-Davidson di cui non si conosce, o meglio, non si riesce a capire il modello. Di certo non è degli Anni 10, perché le H-D dell'epoca erano più delle biciclette motorizzate che delle vere moto, avevano serbatoi lunghi e squadrati e i freni... non c'erano. "James", invece, cavalca una moto che è palesemente più "moderna", che adotta freni a tamburo, quindi più vicina ai modelli fine 1920, primi 1930, presumibilmente una serie "D", anche se probabilmente la moto di scena era più un mix, un "accrocchio" per assomigliare più alle versioni di quel periodo storico.



Entra in scena il Maestro
A dare corpo e pathos alla scena dell'incontro (e a tutto il film) ci sono le musiche di un altro grande del cinema, il compositore Ennio Morricone
Ieri il maestro ci ha lasciato, dopo 70 anni di colonne sonore (e non solo) che hanno musicato i nostri film preferiti e accompagnato le nostre vite, le difficoltà, i successi e le fantasticherie in cui noi eravamo l’eroe (o il cattivo) di turno. Questo grazie alla sua innata capacità di sintetizzare la vita in note, musiche e, a volte, canzoni.
Perché ne scriviamo qui, in un sito dedicato alle moto e alla mobilità su due ruote? Semplice, nel nostro piccolo noi siamo i compositori di quella colonna sonora fatta di accelerazioni, frenate, clacsonate che ogni giorni mettiamo in scena in sella alla nostra moto o al nostro scooter. Anche elettrici, che con il loro sibilare ci fanno capire quanto sia difficile il silenzio assoluto.

Senza musica non c’è arte
Minimalista quanto diretto nel colpire il centro nevralgico delle emozioni, Morricone ha musicato i volti dei migliori attori, dato ritmo alle pellicole di registi sconosciuti che poi sono diventati mostri sacri, ispirato musicisti e gruppi di qualsiasi estrazione, dal jazz al metal, dal pop-rock al funky (ascoltatevi “We all love Ennio Morricone”, con artisti del calibro di Bruce Springsteen, Quincy Jones, Herbie Hancock e Metallica).
Per vincere facile, potremmo citare i soliti film noti, dagli “spaghetti western” del duo Sergio Leone-Clint Eastwood all’italian gangster degli Anni 80 come C’era una volta in America, sempre di Leone. E poi altri mostri sacri come Robert Polansky, Brian De Palma, Quentin Tarantino, Oliver Stone, Robert De Niro, Al Pacino, Randy Liotta, Joe Pesci, Andy Garcia, Sean Connery, Tomás Quintín Rodríguez (in Italia noto come Tomas Millian). Senza dimenticare attori e registi che hanno fatto la storia del cinema italiano, da Bernardo Bertolucci, Franco Zeffirelli, Lina Wertmüller, Pier Paolo Pasolini a Francesco Rosi, Dario Argento e Mario Monicelli, passando per Carlo Verdone, Gian Maria Volonté, Terence Hill, Bud Spencer, Mario Brega.

Musica, Maestro
Ma è con un film di Giuseppe Tornatore che vorremmo chiudere un elenco sterminato di collaborazioni, con “La leggenda del pianista sull’Oceano” la cui colonna sonora ci accompagna proprio mentre stiamo scrivendo. Musiche di Ennio Morricone, ovviamente. E qui che diventa chiaro quanto la musica, alla stregua di un attore, di un regista, di uno sceneggiatore, sia importante per la buona riuscita di un film, così come di una dimostrazione o di una videoprova di una moto. Con un uomo che riesce a scrivere suoni ed emozioni di questo livello, non si può che sfilarsi il casco e ringraziare. In silenzio.
Oppure, per i più “ultrà” che hanno nel sound della propria moto la personale colonna sonora del vivere quotidiano, mandando al limitatore per qualche secondo il motore e farlo "gridare" liberamente. Perché anche questa è musica.
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