Coronavirus, quale mobilità per la Fase 2?
L’esigenza del distanziamento fisico durante il progressivo riavvio delle attività riduce la capacità del trasporto pubblico e mette a rischio la mobilità. Per scongiurare il ricorso massiccio all’auto alcune associazioni propongono soluzioni per favorire la mobilità dolce come la realizzazione di ciclabili d’emergenza e incentivi per l’acquisto di e-bike
Più bici contro la congestione
Si avvicina la riapertura progressiva delle attività industriali e commerciali e si pone il problema di rendere sicura la mobilità dei lavoratori. Con la pandemia in corso, infatti, è d’obbligo mantenere un distanziamento fisico minimo per evitare il contagio, fattore che obbliga le aziende di trasporto pubblico a limitare l’accesso del 50-70% dei passeggeri su bus, metro e treni. Situazione che obbligherà molti a trovare alternative per recarsi in ufficio, con l’auto ad essere la scelta più probabile. A confermarlo sono i dati di Wuhan alla fine del lockdown: la percentuale di utenti del trasporto pubblico è scesa dal 56 al 24% e quella degli automobilisti salita dal 34 al 66%. Una percentuale, quest’ultima, non lontana da quella che emerge da un’indagine commissionata da Anfia sull’argomento secondo il quale il 78% degli italiani si muoverà in auto, contro il 10% che opterà per il trasporto pubblico e l’8,5% per la bicicletta. E potrebbe essere proprio il ciclo una delle soluzioni per evitare che il ricorso all’auto provochi la congestione insostenibile delle strade. A crederlo è un ampio gruppo di associazioni attive nella tutela dell’ambiente e nella promozione delle due ruote a pedali, come Legambiente, Kyoto Club, Alleanza Mobilità Dolce Salvaciclisti e Fiab. Un’alleanza che ha elaborato un piano, sottoscrivibile in una petizione su Change.org, in sette punti con il primo pensato per facilitare l’uso dei cicli. L’idea è creare dei “corridoi per la mobilità di emergenza” lungo le principali direttrici urbane dove ciclisti e utenti della micromobilità possono muoversi in sicurezza. Delle infrastrutture a basso costo e di rapida attuazione da accompagnare con altri accorgimenti, quali il doppio senso per le bici, le strade residenziali a 10 km/h aperte ai pedoni, le strade scolastiche e l’intermodalità tra ciclo e mezzi pubblici. Un visione condivisa dai rappresentanti di Bikenomist, azienda attiva nella promozione del ciclo, con il Piano Emergenziale per la Mobilità Urbana Post-Covid, un documento di 40 pagine con istruzioni operative per realizzare una Rete di Mobilità di Emergenza (il costa sarebbe di 8.000 euro/km) e altre politiche per favorire la mobilità sostenibile, sia in termini ambientali, sia di distanziamento fisico. Altri due punti del piano per la mobilità d’emergenza delle associazioni riunite nella petizione ricalcano quelli richiesti al Governo da Paolo Magri, presidente di Confindustria Ancma. Il primo si riferisce allo sblocco del bonus mobilità per consentire a coloro che rottamano un’auto o una moto di accedere ai contributi per l’acquisto di e-bike, servizi di bike sharing e micromobilità. Un provvedimento che, secondo l’alleanza, dovrebbe essere rafforzato con soluzioni per estendere le agevolazioni anche a chi non ha mezzi da rottamare. Il secondo punto riguarda lo smart working, soluzione collaudata con successo da numerose imprese durante la pandemia e ritenuta da molti la più efficace per ridurre la domanda di mobilità. Per favorirla si richiede l’erogazione di vantaggi fiscali per aziende e lavoratori che scelgono il telelavoro.
Risposte positive dalla politica
Una serie di proposte recepite da alcune amministrazioni locali, come quelle di Milano, Roma, Napoli e Bari che stanno predisponendo piani d’emergenza per la mobilità. Quello in stato più avanzato è nel capoluogo lombardo grazie al documento “Milano 2020” comprendente diversi provvedimenti a favore degli spostamenti alternativi all’auto durante la Fase 2. L’orientamento è “favorire la pedonalità per alleggerire il Tpl e promuovere la mobilità attiva, liberando i marciapiedi dalle auto in sosta, implementando zone 30 e istituendo strade residenziali”. Si specifica inoltre che l’amministrazione promuoverà “l’uso di biciclette, scooter, sharing e trasporto pubblico individuale”, allargherà i marciapiedi per garantire di camminare distanziati e favorirà, in accordo con le associazioni di categoria, “l’estensione o lo slittamento degli orari di apertura” per distribuire la domanda di mobilità pubblica oltre i tradizionali picchi del primo mattino e del pomeriggio.
A dimostrare consenso alle richieste delle associazioni sono anche Vittorio Colao, al vertice della task force istituita dal Governo per la Fase 2, e la ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli. In particolare, la De Micheli ha annunciato in un intervista al Corriere modifiche al Codice della strada “per consentire l’apertura di piste ciclabili in via transitoria anche solo con segnaletica orizzontale” e l’erogazione di risorse per la realizzazione. “Nel prossimo decreto legge”, ha aggiunto la ministra, “ci saranno incentivi per l’acquisto di bici, bici elettriche e monopattini. Inoltre, abbasseremo da 300 a 100 la soglia minima di dipendenti oltre la quale le aziende devono avere il mobility manager. Che avrà il compito di consigliare le migliori modalità di trasporto per i dipendenti”. Altre iniziativa annunciate si riferiscono al sostegno dello smart working e al differenziamento degli orari di lavoro per evitare sovraffollamenti sui mezzi pubblici. In questi ci sarà l’obbligo di indossare mascherina e guanti e di rispettare le distanze di sicurezza nelle stazioni e fermate, nelle banchine di treni e metrò e all’interno dei mezzi.