In arrivo i dazi per le e-bike cinesi
Il comitato degli strumenti di difesa commerciale della Commissione europea potrebbe approvare a breve delle misure antidumping per contrastare l’importazione di bici a pedalata assistita dalla Cina. I dazi imposti per i prossimi 5 anni andrebbero dal 18,8 al 79,3% e coinvolgerebbero anche le aziende di Taiwan con stabilimenti in Cina. Favorevole l’Ebma, contraria la Leva-Eu
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Green Planet
Contro la concorrenza sleale
È attesa per il 19 gennaio la decisione del Comitato degli strumenti di difesa commerciale della Commissione europea, sull’introduzione di misure antidumping per l’importazione di bici a pedalata assistita prodotte in Cina. Un provvedimento con un iter lungo iniziato nel 2017, che dovrebbe concludersi con la probabile pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea della norma e con la sua entrata in vigore dal giorno successivo. Gli eventuali dazi sarebbero attivi per i prossimi 5 anni e prevederebbero supplementi di imposta compresi tra il 18,8 e il 79,3% a seconda dei produttori. Oltre alla Cina, la norma dovrebbe coinvolgere anche i costruttori di Taiwan, uno dei più grandi produttori di biciclette al mondo, con fabbriche in Cina per un tasso del 24,8%. Ad accogliere con favore l’iniziativa è stata l'Ebma, l’associazione europea dei produttori di biciclette, vera promotrice dell’iniziativa. Secondo i responsabili di Ebma, infatti, i generosi sussidi elargiti dal Governo cinese ai costruttori locali rappresentano una concorrenza sleale in quanto permettono di ridurre i costi di produzione e, quindi, di essere più competitivi sul mercato. A dimostrarlo è la crescita dei modelli made in Cina arrivati in Europa nell’ultimo decennio: quasi assenti fino al 2010, hanno raggiunto quota 800.000 nel 2017, cifra di poco inferiore alla stessa produzione europea. Un’invasione in continua crescita che mette a rischio gli investimenti di oltre 1 miliardo di euro l'anno effettuati dai marchi europei del comparto e l’occupazione nel settore che vale circa 90.000 lavoratori impiegati in 800 piccole e medie imprese. A bloccare il provvedimento potrebbero essere le proteste dei rappresentanti di Leva-Eu, collettivo di importatori europei di biciclette elettriche, che hanno invitato Cecilia Malmstrom, commissario europea per il commercio, a riconsiderare la questione sostenendo che i provvedimenti previsti siano “una punizione estremamente severa per accuse di dumping non comprovate”. I rappresentanti di 60 aziende di 13 paesi firmatari della lettera (ma a sostenerli ci sarebbero altre 27 società che non importano dalla Cina e altre 89 attive nel settore dei componenti e dell’assemblaggio) dichiarano che i dazi sarebbero contrari agli stessi interessi dell’Unione. Ai vantaggi marginali attribuiti ai costruttori europei (si stima un incremento dei profitti dello 0,9%) si danneggiano 150 imprese operanti nel Vecchio Continente che danno lavoro a migliaia di persone.
È attesa per il 19 gennaio la decisione del Comitato degli strumenti di difesa commerciale della Commissione europea, sull’introduzione di misure antidumping per l’importazione di bici a pedalata assistita prodotte in Cina. Un provvedimento con un iter lungo iniziato nel 2017, che dovrebbe concludersi con la probabile pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea della norma e con la sua entrata in vigore dal giorno successivo. Gli eventuali dazi sarebbero attivi per i prossimi 5 anni e prevederebbero supplementi di imposta compresi tra il 18,8 e il 79,3% a seconda dei produttori. Oltre alla Cina, la norma dovrebbe coinvolgere anche i costruttori di Taiwan, uno dei più grandi produttori di biciclette al mondo, con fabbriche in Cina per un tasso del 24,8%. Ad accogliere con favore l’iniziativa è stata l'Ebma, l’associazione europea dei produttori di biciclette, vera promotrice dell’iniziativa. Secondo i responsabili di Ebma, infatti, i generosi sussidi elargiti dal Governo cinese ai costruttori locali rappresentano una concorrenza sleale in quanto permettono di ridurre i costi di produzione e, quindi, di essere più competitivi sul mercato. A dimostrarlo è la crescita dei modelli made in Cina arrivati in Europa nell’ultimo decennio: quasi assenti fino al 2010, hanno raggiunto quota 800.000 nel 2017, cifra di poco inferiore alla stessa produzione europea. Un’invasione in continua crescita che mette a rischio gli investimenti di oltre 1 miliardo di euro l'anno effettuati dai marchi europei del comparto e l’occupazione nel settore che vale circa 90.000 lavoratori impiegati in 800 piccole e medie imprese. A bloccare il provvedimento potrebbero essere le proteste dei rappresentanti di Leva-Eu, collettivo di importatori europei di biciclette elettriche, che hanno invitato Cecilia Malmstrom, commissario europea per il commercio, a riconsiderare la questione sostenendo che i provvedimenti previsti siano “una punizione estremamente severa per accuse di dumping non comprovate”. I rappresentanti di 60 aziende di 13 paesi firmatari della lettera (ma a sostenerli ci sarebbero altre 27 società che non importano dalla Cina e altre 89 attive nel settore dei componenti e dell’assemblaggio) dichiarano che i dazi sarebbero contrari agli stessi interessi dell’Unione. Ai vantaggi marginali attribuiti ai costruttori europei (si stima un incremento dei profitti dello 0,9%) si danneggiano 150 imprese operanti nel Vecchio Continente che danno lavoro a migliaia di persone.
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