Valentino Rossi e le paure di un pilota: "In Austria nel 2020 me la sono vista brutta"
Valentino parla della scomparsa di Simoncelli e dell'approccio al rischio nelle gare. "Con il Sic ho perso un amico, ma non ho pensato di smettere. In pista inizi a ragionare un po' di più intorno ai trent'anni, prima hai una certa incoscienza"
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Valentino Rossi, nella sua ospitata al podcast Passa dal BSMT, ha toccato diversi temi, alcuni anche piuttosto delicati: il ritiro, le schermaglie con Marquez e ha parlato anche dell'Academy e del Sic. Passano gli anni, ma ci sono alcuni argomenti per i quali il tempo sembra essersi fermato.
Una grande idea, nata per caso
La VR46 Academy non è nata come un progetto a tavolino. “L'Academy è nata un po' per scherzo, ma poi i ragazzi hanno iniziato ad andare davvero forte e me li sono ritrovati avversari. Mi sono detto che forse ero partito un po' troppo presto. Ma era nata così, con Migno che faceva le impennate in bici, era simpatico e abbiamo voluto dargli una mano; mio fratello voleva correre, Morbidelli aveva una difficile situazione familiare e abbiamo voluto aiutarlo. Ma sono scresicuti in fretta. Nonostante tutto ho continuato a dare loro i consigli, anche in MotoGP, perché comunque noi siamo abituati così”.
Un percorso partito da lontano
Oggi tutti i piloti si allenano, ma se pensiamo a una ventina di anni fa, non c'era in tutti lo stesso approccio professionale. Per Rossi l'incontro con Simoncelli è stato importante. “Il Sic mi aveva chiesto di allenarsi con me, era un po' in difficoltà. Mi diceva: vado piano, mi vogliono mandare via dall'Aprilia e così abbiamo iniziato ad allenarci insieme, era più divertente che farlo da soli. La cosa ha funzionato, perché poi abbiamo vinto tutti e due il mondiale nel 2008 e quindi siamo andati avanti”.
Ovviamente la scomparsa del Sic ha avuto un forte impatto sulla carriera di Valentino. “La sua scomparsa mi ha lasciato senza sapere cosa fare per qualche mese. Ero devastato, ma non ho mai pensato di smettere, perché volevo correre, e non ho avuto un sentore di paura. Ho perso un amico e quello mi ha lasciato un grande vuoto. Il sentore di paura invece l'ho avuto nel 2020, in Austria. Eravamo quarto e quinto con Vinales, dietro di noi c'era stato l'incidente tra Zarco e Morbidelli. Ci sono passate le moto in mezzo: una sopra Vinales e l'altra a venti centimetri dalla mia ruota davanti, ma nemmeno venti centimetri. E lì è stato chiaro: anche se provi a stare attento e a non fare il matto, in questo sport ti puoi comunque trovare nel posto sbagliato e nel momento sbagliato. E a quel punto sono ca**i”.
Insomma, ci sono cose che spostano un po' la sensibilità del pilota. “Quando succedono cose del genere hai un po' più di timore. Perché in moto devi essere un po' incosciente, funziona se sei incosciente. Prima è naturale, dopo i trent'anni inizi a pensarci, e anche se non credo che abbia influenzato i miei risultati più di tanto, più inizi a diventare grande più ci pensi, è inevitabile”.