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Moto Morini, la storia sconosciuta del motore affossato da Ducati

Economico, leggero, potente ed affidabile: il bicilindrico 4 valvole disegnato da Lambertini aveva davvero tutto per sbaragliare la concorrenza. Eppure, con la nuova gestione Ducati, il progetto fu abbandonato. La sua storia rimane però viva nel cuore dei suoi ideatori

Il bicilindrico 4 valvole

Negli anni Ottanta Moto Morini si trovò, come tante altre, di fronte alla necessità di rinnovare la propria gamma “verso l’alto”, cioè aumentando la  cilindrata dei propri motori. Fu, più precisamente, sulla fine del marzo 1985 quando Franco Lambertini, geniale progettista dei modelli più riusciti della casa bolognese (tra cui la mitica 3 1/2 e la mai nata 500 Turbo), iniziò a mettere su carta i primi schizzi di un motore che, se tutto fosse andato come previsto, avrebbe  potuto segnare un’epoca.

Il progetto

Progettato per essere compatibile con le strutture in lamiera d’acciaio che fungevano da telaio e supporto per il cannotto di sterzo, il nuovo bicilindrico vide la luce al banco prova nel gennaio 1986. Con squadra e compasso - al tempo i moderni sistemi CAD non esistevano - Lambertini mise nero su bianco ogni singolo dettaglio, dando vita ad un bicilindrico a V di 67° e 4 valvole per cilindro da 720 cm3. L’alesaggio e la corsa, rispettivamente di 84 e 65 mm, promettevano prestazioni elevate: 85 CV a 8.500 giri. Raffreddato a liquido, aveva i perni di biella disposti in modo da farlo funzionare come un V di 90° con perno unico, cambio a 6 rapporti derivato da quello della precedente 500 e frizione in bagno d’olio con recupero automatico del gioco. Qui in alto un prototipo di stradale dotato di questo nuovo propulsore.

Leggero ed economico

Oltre che per il peso “contenuto” a 53 kg, il motore si faceva notare anche per l’ottimo rapporto costi/prestazioni: appena 2 milioni di lire per una potenza che poteva rivaleggiare con modelli molto più costosi. In pieno stile Morini, quello appena nato si configurava quindi come un motore efficiente, resistente ed economico: un progetto che si profilava assai promettente…

Ecco un dettaglio del nuovo motore inserito in una ciclistica della Cagiva Elefant

Il cambio di rotta: interviene Ducati

Nel frattempo però, il quadro generale, per Moto Morini, cambiò radicalmente: la signora Morini, stanca delle tensioni sindacali, cedette l'azienda ai Castiglioni, cosa che, tra le tante, segnò anche la fine del progetto a quattro valvole, il cui sviluppo fu quasi immediatamente interrotto. 

La prova di 20 ore

Il motore già realizzato fu però sottoposto nel 1987, cioè solo un anno dopo, a una prova dimostrativa di ben 20 ore alla Ducati, dando in quell’occasione ulteriore riprova delle sue potenzialità. “E’ una durata molto alta per un motore ancora sperimentale, fin quasi eccessiva - ricordava il tecnico Luciano Negroni che partecipò al progetto  - ma noi motoristi eravamo tranquilli e infatti il motore si comportò benissimo, erogando 84 CV abbondanti ad oltre 8.500 giri per tutto il tempo, mostrando una bella coppia e senza vibrare”.  Considerato poi che, come rimarcato da Negroni, si trattava di un propulsore che di sviluppo puro non aveva fatto neanche una decina di ore ed in tutto non sarà stato in moto più di 100 ore, la prova non potè che evidenziarne nuovamente le incredibili potenzialità. Eppure, o forse proprio per quello, “i responsabili Ducati - racconta il motorista - guardarono l’ultima curva rilevata al banco e con stupore generale ci dissero di spegnere e di non volerlo più vedere in giro”. 

La prova "su strada"

Dopo la prova tecnica al banco Ducati, solo Castiglioni volle vederlo propriamente in azione: così Negroni s’inventò in quattro e quattr’otto un telaio a piastre imbullonate con motore portante: “Era febbraio e Castiglioni voleva vedere una moto finita per paragonarla alla Elefant, ma tutto venne archiviato prima ancora di andare su strada”. Lambertini però era curioso e,  un po’ un camuffa” usci con la versione da gara della Elefant. Come andò? “La Morini andava alla grande, favorita dal rapporto peso/potenza e anche in gara sarebbe stata favorita grazie ai bassi consumi”. Ma non se ne fece nulla...

Un vero peccato

Abortire il 4 valvole Morini fu un errore. Il Ducati 750 era meno potente di circa 10 CV, più fragile e ben più costoso (3 milioni contro i 2 sopra ricordati). E poi il peso: “con le fusioni a conchiglia - ricorda l’ingegnere - si sarebbe potuti scendere sotto i 50 kg. Girava tutto su bronzine, con pistoni fusi della Mondial, non c’era niente di speciale ma i tanti mesi passati a pensarlo avevano dato i suoi frutti”. Se ci si fosse dedicati ancora, quello dei 100 CV sarebbe stato un traguardo certamente raggiungibile. Un vero peccato…


 

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