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Super sportive stradali o moto da pista? La differenza è questione di (pochi) secondi

Pochi giorni fa i piloti Ducati MotoGP hanno fatto dei test a Jerez con le Panigale V4S, girando a poco più di un secondo da Michele Pirro, con la Desmosedici MotoGP. La distanza tra i prototipi da gran premio e le moto di serie si è ridotta, ma freni, sospensioni e motore sono ancora sensibilmente differenti
Qualche giorno fa il ceo di Ducati, Claudio Domenicali, ha espresso tutto il proprio orgoglio aziendale via social, quando ha twittato le prestazioni della nuova Panigale V4S in mano ai propri piloti MotoGP: “...il miglior giro di una Pani è stato fatto in 1'43”3, contro l'141”1 della MotoGP. Entrambe con gomme Michelin slick. Solo poco più di un secondo separa la moto più veloce sul pianeta da quella che puoi comprare dal tuo concessionario”.

I numeri non dicono tutto
Il gran capo di Ducati ha colto nel segno: è vero che oggi, forse come non mai, si possono acquistare – per chi ha un portafoglio ben gonfio- motociclette targate come la Panigale V4 o la CBR 1000 RR-R che sono nate per la pista e in pista viaggiano su tempi davvero fantascientifici. Ci sono poi piste che ben si prestano a confronti più o meno significativi e Jerez de la Frontera è sicuramente uno di questi. Il circuito dedicato ad Angel Nieto ospita sia le gare della MotoGP che quelle del world superbike, oltre a una buona dose di test che si tengono lungo tutto l'arco della stagione. Sono però proprio le molte variabili a rendere difficile un confronto davvero significativo.

I tempi di riferimento
L'anno scorso Scott Redding a Jerez ha fatto segnare con la Panigale del team Aruba la superpole in 1'38”736 – in agosto-, a circa mezzo secondo dal miglior tempo di sempre per una derivata di serie, appannaggio di Jonathan Rea con la Kawasaki (1'38”247). I tempi sono stati ottenuti con pneumatici Pirelli soft, studiati apposta per le sbk e per rendere al meglio sul giro secco. Per quanto riguarda la MotoGP, l'anno scorso Fabio Quartararo ha distrutto ogni riferimento cronometrico con un impressionante 1'36”705 in sella alla sua M1. Vero è che nel 2020 la pista si presentava in condizioni ottimali, molto gommata dopo alcuni giorni di test e con temperature tutto sommato accettabili dell'asfalto (54°). Bisogna poi aggiungere che grazie alle prove supplementari effettuate i piloti erano tutti a proprio agio con il set up, e forse il 36 alto è attualmente davvero il limite assoluto che si può raggiungere (la settimana successiva nessuno riuscì poi a scendere così tanto).
Insomma, il 41”1 che ha fatto segnare Michele Pirro non va preso come riferimento, anche perché il collaudatore Ducati la settimana scorsa è sceso in pista per provare alcune novità tecniche, e non certo con l'obiettivo di fare il tempo.

C'è margine
È altrettanto vero però che anche i sei piloti Ducati non hanno provato molto con la Panigale, e che la pista si era asciugata da poco. Dire che si potevano togliere quattro secondi e mezzo e arrivare ai tempi di Redding non sarebbe nemmeno vicino alla realtà, ma bisogna anche considerare che le sbk da gara hanno parti motore che riducono gli attriti, sospensioni ed elettronica dedicata.
Forse con una moto di serie gommata slick si potrebbe comunque arrivare a due-tre secondi dalle wsbk, e non è un risultato da poco. Per quanto riguarda invece l'eterno confronto tra MotoGP e sbk, su piste non troppo veloci come Jerez si è già visto che sul giro secco le differenze non sono abissali: Scott Redding o Jonathan Rea potrebbero qualificarsi verosimilmente nelle ultime file dello schieramento senza grossi distacchi (l'anno scorso Lecuona chiuse le prove in 1'38”512), ma in gara mancherebbero innanzitutto i cavalli per effettuare i sorpassi, oltre a freni in grado di reggere il confronto e una ciclistica capace di sostenere l'incremento prestazionale.
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