Papasodero e la Route 2, il giro d’Italia con i disabili
Sono sempre più numerose le iniziative di solidarietà che vedono in primo piano motociclisti e moto. La Mototerapia di Vanni Oddera è forse la più famosa, ma oggi vi parliamo di un altra realtà che vale la pena raccontare
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Notizie dalla rete
Solidarietà con la Harley
Forse pochi conoscono Gian Piero Papasodero e la Route 21, che non è la più famosa Route 56 americana ma un giro d’Italia in moto per disabili, a staffetta, nel corso del quale ragazzi down o affetti da altre problematiche fanno una tappa da passeggeri.
Forse pochi conoscono Papasodero ma è un peccato perché è lui l’anima di tutto e dietro c’è una storia bellissima. Giocava a football americano in serie A, oggi è un omone di 47 anni che guida una moto grande e grossa come lui, una Harley-Davidson 107 Electra Glide. È romano di origini ma vive a Verona e fa il designer.
In un ospedale di Genova, l’incontro con un anziano abbandonato ha sconvolto la sua vita.
«Quello che stavo facendo non mi dava soddisfazione – racconta –. Volevo macchine sempre più grandi e costose, comprare, consumare. L’avere aveva preso il sopravvento sull’essere. Poi un giorno…».
Quel giorno era nel 2015 e quel giorno il nostro omone dal cuore d’oro fondò l’associazione onlus Diversa-Mente; primo progetto sociale Route 21, che va avanti già da 5 anni. Papasodero ed altri amici bikers hanno portato in giro tanti ragazzi, e non soltanto nell’occasione “ufficiale” di Route 21 ma anche in mille altre situazioni particolari, nelle quali il giro in moto può servire per dare sicurezza, suggellare un’amicizia, proporre un’immagine diversa del “passeggero” davanti a casi di bullismo. I motociclisti a servizio dei deboli.
«Non sono un pedagogista, né un educatore di professione – puntualizza con modestia l’ex rugbysta in un’intervista a corriere.it –, sono solo un motociclista amico che fa diventare biker anche questi ragazzi. Scoprono il mondo, diventano più sicuri. Route 21 esalta la normalità, non la disabilità».
Certo, Route 21 non è la bacchetta magica e non può sostituire terapie e cure praticate da esperti con anni di studio e di esperienze alle spalle. Però… “Non sapremo mai quanto bene può fare un semplice sorriso”, diceva Madre Teresa di Calcutta; e questa è una bella favola che ne strappa tantissimi.
Forse pochi conoscono Gian Piero Papasodero e la Route 21, che non è la più famosa Route 56 americana ma un giro d’Italia in moto per disabili, a staffetta, nel corso del quale ragazzi down o affetti da altre problematiche fanno una tappa da passeggeri.
Forse pochi conoscono Papasodero ma è un peccato perché è lui l’anima di tutto e dietro c’è una storia bellissima. Giocava a football americano in serie A, oggi è un omone di 47 anni che guida una moto grande e grossa come lui, una Harley-Davidson 107 Electra Glide. È romano di origini ma vive a Verona e fa il designer.
In un ospedale di Genova, l’incontro con un anziano abbandonato ha sconvolto la sua vita.
«Quello che stavo facendo non mi dava soddisfazione – racconta –. Volevo macchine sempre più grandi e costose, comprare, consumare. L’avere aveva preso il sopravvento sull’essere. Poi un giorno…».
Quel giorno era nel 2015 e quel giorno il nostro omone dal cuore d’oro fondò l’associazione onlus Diversa-Mente; primo progetto sociale Route 21, che va avanti già da 5 anni. Papasodero ed altri amici bikers hanno portato in giro tanti ragazzi, e non soltanto nell’occasione “ufficiale” di Route 21 ma anche in mille altre situazioni particolari, nelle quali il giro in moto può servire per dare sicurezza, suggellare un’amicizia, proporre un’immagine diversa del “passeggero” davanti a casi di bullismo. I motociclisti a servizio dei deboli.
«Non sono un pedagogista, né un educatore di professione – puntualizza con modestia l’ex rugbysta in un’intervista a corriere.it –, sono solo un motociclista amico che fa diventare biker anche questi ragazzi. Scoprono il mondo, diventano più sicuri. Route 21 esalta la normalità, non la disabilità».
Certo, Route 21 non è la bacchetta magica e non può sostituire terapie e cure praticate da esperti con anni di studio e di esperienze alle spalle. Però… “Non sapremo mai quanto bene può fare un semplice sorriso”, diceva Madre Teresa di Calcutta; e questa è una bella favola che ne strappa tantissimi.
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