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Cagiva Aletta Rossa 125, la leggerezza degli anni Ottanta

Vagamente ispirata alle grosse enduro stile Dakar, l’Aletta Rossa interpreta alla perfezione i nuovi orizzonti anni Ottanta: è comoda e ha personalità. Da qui il successo nelle vendite

Cagiva Aletta Rossa

Mentre le automobili diventano sempre più lussuose e accessoriate, negli anni Ottanta le moto da regolarità che fino a quel momento avevano fatto sognare i teenager cedono il passo a modelli stradali ispirati a quelli da pista e alle enduro più adatte all'asfalto che all'off-road impegnativo. È in questo scenario che Cagiva, appena fondata dai fratelli Castiglioni (era il 1978) lancia nel 1983 un modello destinato a segnare un’epoca: moderna e all’avanguardia, l’Aletta Rossa è pensata per un “pubblico giovane e dinamico”, come scrivevano i pubblicitari dell’epoca, voglioso di montare in sella a moto moderne ed altrettanto dinamiche. 

La nascita dell'Aletta Rossa

Il 1983 segna l’arrivo della Cagiva Aletta Rossa, un modello innovativo che introduce un importante aggiornamento tecnico per il segmento delle moto enduro: il raffreddamento a liquido. Sviluppato dall’ingegner Egisto Cataldi, il sistema è applicato al motore monocilindrico 2 tempi da 124,63 cm³, già montato sulla SXT 125 ma ora potenziato. La pompa dell’acqua da 56 mm e l’ammissione lamellare, insieme alla lubrificazione separata olio/benzina con pompa Mikuni a portata variabile, ne aumentano le prestazioni. Con il carburatore Dell’Orto PHBL 24 BD, l'Aletta Rossa raggiunge una potenza di oltre 15 CV a 7000 giri/min, permettendo alla moto di toccare una velocità massima di circa 114 km/h. Il cambio è a 6 marce, la frizione, multidisco, in bagno d’olio. 

Ciclistica 

Avanzata la ciclistica: il telaio è in acciaio a doppia culla chiusa, derivato da quello della SXT (una buona enduro raffreddata ad aria che ebbe un discreto successo), ma abbinato sull’Aletta ad una forcella telescopica idraulica Llobe davanti e ad un forcellone oscillante “Soft Damp” con monoammortizzatore idropneumatico regolabile al posteriore. L’impianto frenante vede invece al lavoro un disco da 240 mm morso da pinza Brembo all’anteriore e un tamburo da 125 al posteriore. Le ruote, di serie in acciaio WM, sono da 21" e da 18", con la possibilità di montare anche cerchi Akront in alluminio.
 

Una pubblicità dell'epoca con le 125 di successo di Cagiva: la Aletta Electra a sinistra e la Aletta Rossa a destra

Design e strumentazione

Il design è “moderno”, con un serbatoio inclinato verticalmente e un faro rettangolare racchiuso da un cupolino che richiama le enduro da competizione in stile Dakar. Ampi i parafanghi. La sella, comoda e lunga, adatta anche all’utilizzo in due, sottolinea una certa vocazione per i tragitti più lunghi. Tre le clorazioni disponibili: rossa, con telaio e sella neri, bianca oppure nera, sempre con telaio e sella rossi. Ricca la strumentazione, con - inusuale per le enduro - contagiri, tachimetro, conta km e una miriade di spie da “maxi” moto. 
 

Il cruscotto era molto ricco per gli standard dell'epoca

Vendite

Il successo commerciale è immediato: solo nell’autunno del 1983 vengono ricevuti ben 12.000 ordini, segno che Cagiva, con l’Aletta, è riuscita a interpretare nel modo corretto i desideri e le passioni dell’epoca. 
 

Evoluzioni e versioni Successive

Forte del successo riscosso con l’Aletta, nel 1984 Cagiva presenta al pubblico la sua “evoluzione”, forte di alcuni aggiornamenti estetici come le nuove grafiche e decalcomanie, la sella con la scritta “AR”, il radiatore maggiorato e le pedane passeggero imbullonate al telaio. Anche la forcella Llobe viene affiancata da una nuova opzione Marzocchi. 
Battezzata “Ala Rossa”, la sorellona dell’Aletta, spinta dal più corposo monocilindrico 4 tempi da 343,3 cm³ e 27 CV, viene pensata , come suggerito dal claim “la preferita di papà”, per un pubblico più maturo, elemento che è probabilmente il motivo del suo scarso successo. Sorte analoga toccherà al prototipo della Aletta Rossa 200, modello pensato per il mercato americano, equipaggiato, almeno nella teoria, con lo stesso motore WSTX con cilindrata portata a 190,38 cm3, ma destinato ad essere accantonato per lasciar spazio alle Elefant 125 e 200. Ulteriore dimostrazione che l’Aletta andava benissimo per i più giovani e non tanto, come sperò Cagiva, per i motociclisti più “navigati”. 
 

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Quotazioni

Tra gli usati si trovano parecchie occasioni. I prezzi variano in base all’anno, al chilometraggio e alle condizioni. Gli appassionati di restauro e chi, in generale, con chiavi inglesi e attrezzi se la cava bene, possono trovare numerose occasioni anche sotto i mille euro. Per modelli invece già rimessi a nuovo, si sale anche oltre i 3.000 euro. 

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