Veicoli elettrici: gli ambientalisti ci ripensano?
Contestualmente al bando dei motori termici appena varato dall’Unione Europea, dagli USA arriva un "nuovo" rapporto che mette in dubbio i benefici ecologici offerti dall’auto elettrica
Auto elettrica, sì o no?
Servirà davvero decuplicare le tonnellate di minerali estratti dal sottosuolo per produrre batterie da destinare alle automobili elettriche, necessarie a ridurre l’inquinamento? Che qualcosa non tornasse l’avevano capito già in molti, ben prima che la “rivoluzione green” entrasse nel vivo delle cose. L'esercito di “negazionisti” non del tutto convinti che l’automobile elettrica sia la soluzione per contrastare il cambiamento climatico vede ora arrivare a infoltire i suoi ranghi molti ambientalisti.
In California, giusto per fare un esempio, un pool di accademici ha redatto un rapporto (non sarebbe a onor di cronaca il primo di questo genere) titolato “Achieving Zero Emissions with More Mobility and Less Mining” contenente alcuni “punti” ben noti: l’estrazione mineraria ha un costo molto alto per l’ambiente, la produzione di nuovi veicoli inquina e lo smaltimento delle batterie è questione tutt’altro che secondaria. Una vera e propria “dichiarazione di guerra all’auto elettrica” che arriva contestualmente al bando dei motori termici entro il 2035 appena varato dall’Unione Europe.
Differenze USA - EU
Rispetto al “nostro” il mercato USA è, per quanto riguarda le auto elettriche, decisamente più indietro, considerando che se in Germania i veicoli alimentati a batteria hanno ad oggi raggiunto il 25% della produzione dello scorso anno, negli States il numero scende appena al 6%. Affezionati ai loro giganteschi V8 benzina, potremmo pensare, che gli americani siano ancora scettici al riguardo. Non è esattamente così: nel Nevada, giusto per fare qualche ulteriore esempio, è stato di recente finanziato un progetto da 700 milioni di euro per l’estrazione del litio, mentre in Luisiana è stata aperta una fabbrica di grafite a fronte di un investimento da 300 milioni. Discorso analogo per il Nebraska che, forte di una tradizione mineraria vecchia almeno quanto l’intero stato, l’idea di aumentare le estrazioni di minerali rari per “smarcarsi” dalla Cina piace parecchio. E in Europa? Nonostante i numeri, le cose non sembrano in realtà così diverse: la Svezia, patria di Greta Thunberg nonchè del più grande giacimento di terre rare d’Europa, ha detto sì all’estrazione di minerali, ma non prima dei prossimi 15 anni, mentre la Polonia ha inaspettatamente raggiunto un +39% nell’immatricolazione di auto elettriche rispetto al 2022. Diciamo allora che se alcuni stati - come quelli appena citati - sembrerebbero volersi allineare all’andamento del mercato, altri, come la California, faticano ormai a nascondere l’evidente contraddizione che emerge tra ambientalismo e aumento dell’estrazione mineraria.
Ambientalismo o mercato?
Forse, qualcuno potrebbe ammettere che l’aumento della produzione e del consumo di beni, siano essi il petrolio o il litio, è un qualcosa in netto contrasto alla filosofia ecologista e ambientalista. Il termine “decrescita felice”, abusato e storpiato, non ha fatto in tal senso altro che danni, ma una cosa sembra ormai chiara: quando si parla di auto e in generale di veicoli elettrici e “rivoluzione green” più che di ambientalismo, bisognerebbe forse parlare di economia e mercato. D’altra parte, senza certo inneggiare al “movimento dell’anti-sviluppo”, come qualcuno ancora lo chiama, i danni ambientali derivanti da un progressivo aumento dell’estrazione mineraria, nonché dalla produzione e dallo smaltimento di nuove auto e batterie sono - dagli uomini di scienza e non dai terrapiattisti - questioni da tempo e molto ben conosciute.