Sicurezza stradale: motociclisti e automobilisti vedono la strada in modo diverso
Un nuovo studio ha rilevato che motociclisti e automobilisti vedono la strada in modo del tutto diverso. Gli oggetti più grandi presenti sulla carreggiata sono percepiti da entrambe le categorie come possibili o probabili minacce, ma alcuni meccanismi potrebbero bloccare selettivamente i dati visivi “raccolti” dagli automobilisti
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Che automobilisti e motociclisti abbiano un modo tutto diverso di “approcciare” la strada è cosa ovvia, se non addirittura scontata. Un nuovo studio condotto dalla Bournemouth University in Inghilterra ha verificato il modo che i motociclisti hanno di “elaborare” le informazioni visive raccolte durante la guida, giungendo a conclusioni interessanti. Lo studio è stato condotto dalla dottoressa Shel Silva, ricercatrice alla Bournemouth ma anche appassionata motociclista (qui sopra in foto con la sua BMW) che, per mezzo della tecnologia “eye-track”, ha indagato e studiato le reazioni cognitive e neurologiche di automobilisti e motociclisti.
Grande è pericoloso
I primi risultati paiono ovvi: sebbene le due “categorie” approccino la strada in modo diverso, entrambe vedono gli oggetti più grandi come possibili o probabili minacce. Ciò significa, in pratica, che gli automobilisti e i motociclisti notano allo stesso modo - facciamo un esempio - un camion sulla carreggiata, l’automobilista però avrà tutto un altro modo di percepire la moto (che è piccola) rispetto alla misura in cui il motociclista percepisce un’automobile che a tutti gli effetti è "grande".
Punto cieco
Si è evidenziato poi che il “punto cieco naturale” presente nell'occhio umano, è una condizione che già da sola spiegherebbe l’impossibilità per molti automobilisti di accorgersi della presenza di una moto a fianco del proprio veicolo. Lo studio ha ipotizzato anche il possibile innesco di processi simili a quello del “mascheramento saccadico”, fenomeno in cui il cervello umano blocca selettivamente determinati dati visivi durante i movimenti oculari e che, a detta della ricercatrice, potrebbe in qualche modo svolgere un ruolo importante nelle abitudini degli automobilisti e nella loro supposta "distrazione" nei confronti delle due ruote.
In buona sostanza questo fenomeno renderebbe invisibili le due ruote agli automobilisti in particolari circostanze, ecco perché, suggerisce Silva, i biker non dovrebbero solo pensare ad acquisire corrette tecniche di guida, ma anche imparare ad analizzare i percorsi e i comportamenti degli altri veicoli e, soprattutto, capire come farsi vedere il più possibile dagli automobilisti quando si sta per eseguire una manovra "importante".
Per esempio, sarebbe utile spostarsi leggermente da un parte all'altra della corsia prima di effettuare una svolta. “Ho amici e conoscenti che sono morti o che hanno riportato gravi ferite a seguito di un incidente in moto - spiega Silva - e questa ricerca è davvero importante perché mi offre l'opportunità di aiutare a salvare la vita dei motociclisti. Cosa che per me è un onore personale".
Grande è pericoloso
I primi risultati paiono ovvi: sebbene le due “categorie” approccino la strada in modo diverso, entrambe vedono gli oggetti più grandi come possibili o probabili minacce. Ciò significa, in pratica, che gli automobilisti e i motociclisti notano allo stesso modo - facciamo un esempio - un camion sulla carreggiata, l’automobilista però avrà tutto un altro modo di percepire la moto (che è piccola) rispetto alla misura in cui il motociclista percepisce un’automobile che a tutti gli effetti è "grande".
Punto cieco
Si è evidenziato poi che il “punto cieco naturale” presente nell'occhio umano, è una condizione che già da sola spiegherebbe l’impossibilità per molti automobilisti di accorgersi della presenza di una moto a fianco del proprio veicolo. Lo studio ha ipotizzato anche il possibile innesco di processi simili a quello del “mascheramento saccadico”, fenomeno in cui il cervello umano blocca selettivamente determinati dati visivi durante i movimenti oculari e che, a detta della ricercatrice, potrebbe in qualche modo svolgere un ruolo importante nelle abitudini degli automobilisti e nella loro supposta "distrazione" nei confronti delle due ruote.
In buona sostanza questo fenomeno renderebbe invisibili le due ruote agli automobilisti in particolari circostanze, ecco perché, suggerisce Silva, i biker non dovrebbero solo pensare ad acquisire corrette tecniche di guida, ma anche imparare ad analizzare i percorsi e i comportamenti degli altri veicoli e, soprattutto, capire come farsi vedere il più possibile dagli automobilisti quando si sta per eseguire una manovra "importante".
Per esempio, sarebbe utile spostarsi leggermente da un parte all'altra della corsia prima di effettuare una svolta. “Ho amici e conoscenti che sono morti o che hanno riportato gravi ferite a seguito di un incidente in moto - spiega Silva - e questa ricerca è davvero importante perché mi offre l'opportunità di aiutare a salvare la vita dei motociclisti. Cosa che per me è un onore personale".
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