MotoGP, le pagelle di fine anno: Suzuki, i sogni si avverano
La squadra di Davide Brivio ha portato Joan Mir al titolo mondiale e un marchio che non era nemmeno più in griglia a vincere il campionato in cinque anni. Difficile fare meglio di così, ma la stabilità regolamentare e l'arrivo di un team satellite potrebbero garantire anche in futuro ottimi risultati ai giapponesi
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Proseguiamo nella rassegna della stagione 2020 con i voti di fine anno del nostro Guido Sassi a moto e piloti. Oggi è la volta della squadra campione del mondo: Suzuki, che torna iridata a vent’anni di distanza dall’ultimo titolo.
I piloti
Joan Mir, voto 10. Chirurgico. Mica Xavier, il medico che ha operato Marquez: è Joan il Mir giusto, il vero dottore che è intervenuto con successo sul mondiale 2020: a inizio campinato ha disputato tre gare con un paio di ritiri buoni per prendere le misure sulla moto, quindi è arrivata una lunghissima serie di risultati utili, condita da sette podi e una vittoria in nove gare. Il maiorchino ha dato lo strappo decisivo per conquistare la corona proprio nel giorno in cui Quartararo è andato nella ghiaia a Valencia, ha legittimato la propria consistenza fregando il successo a Rins, sfruttando l’unico errore del compagno di squadra nella prima gara al Ricardo Tormo. Sarà stata pure una stagione senza Marquez, ma a correre contro Mir c’erano vecchie volpi come Dovizioso e Rossi, avversari veloci come Vinales e nuovi talenti che rispondono al nome di Binder e Oliveira. Joan li ha messi in riga tutti, li ha cucinati a fuoco lento senza mai perdere lucidità e buonumore. I campioni si vedono anche da questi aspetti, non solo dalla velocità.
Alex Rins, voto 8. Sprecone. Bisogna premettere che Rins ha corso le prime gare del 2020 con una spalla conciata male, dopo l’infortunio patito a Jerez. Tra l’altro non per colpa sua, perché si è infortunato nel tentativo di evitare la Ducati di Miller. Però Alex ha sbagliato anche in Austria, dove si stava giocando la vittoria, e a Le Mans, dove è caduto sotto l’acqua mentre era probabilmente il più veloce in pista. Il colpo di grazia al mondiale è arrivato con quella marcia sbagliata al tornante della 11 di Valencia. In fondo, un po’ tutta la carriera di Alex racconta di un pilota veloce, ma che ha sempre perso i campionati: contro Alex Marquez nel 2014 in Moto3, contro Zarco in Moto2 nel 2015 e 2016.
La squadra
GSX-RR, voto 10. Musicale. È stata paragonata a un violino perché suona davvero accordata: danza tra le curve, frena e accelera bene, digerisce come nessun altra moto le Michelin. Apparentemente la Suzuki non ha difetti, nemmeno nell’estetica: bella come poche altre, manca solo di un po’ di velocità di punta. È stata però vincente al punto da nascondere bene questa mancanza.
Team ufficiale, voto 10. Tutti per uno. E obbligatorio dare il voto pieno a Brivio e al suo team, perché pur con meno risorse rispetto a tutte le altre squadre a parte Aprilia, Davide e i suoi hanno abbattuto Golia. In soli cinque anni Suzuki è rientrata in MotoGP e ha vinto il titolo (anche quello dei team, seppure non se lo ricordi quasi nessuno). Povero Vinales: nel 2016 Brivio gli aveva prospettato un ruolo alla Schwantz se fosse rimasto, ma al tempo Maverick comprensibilmente scelse di andare a prendersi la moto di Jorge Lorenzo. Meglio non guardare indietro per Vinales, legittimo avere fiducia nel futuro per gli uomini di Hamamatsu.
Team satellite, voto (e posto) da assegnare. Fino a oggi Suzuki ha corso solo con due moto, un approccio che non è cambiato negli ultimi trent’anni, a ben vedere. Sembra però che, dietro pressione di Dorna, qualcosa stia cambiando in questo senso e Gresini è uno dei nomi che sembrano più gettonati a schierare altre due GSX-RR in griglia dal 2022. Nel frattempo va dato merito a Sylvain Guintoli di avere fatto un bel lavoro con la squadra prove. Negli ultimi tre anni il campione del mondo sbk 2014 ha corso appena dieci gare, raccogliendo in tutto 8 punti, ma ha percorso migliaia di chilometri nei test, sgrossando materiale tornato spesso utilissimo ai piloti in gara.
I piloti
Joan Mir, voto 10. Chirurgico. Mica Xavier, il medico che ha operato Marquez: è Joan il Mir giusto, il vero dottore che è intervenuto con successo sul mondiale 2020: a inizio campinato ha disputato tre gare con un paio di ritiri buoni per prendere le misure sulla moto, quindi è arrivata una lunghissima serie di risultati utili, condita da sette podi e una vittoria in nove gare. Il maiorchino ha dato lo strappo decisivo per conquistare la corona proprio nel giorno in cui Quartararo è andato nella ghiaia a Valencia, ha legittimato la propria consistenza fregando il successo a Rins, sfruttando l’unico errore del compagno di squadra nella prima gara al Ricardo Tormo. Sarà stata pure una stagione senza Marquez, ma a correre contro Mir c’erano vecchie volpi come Dovizioso e Rossi, avversari veloci come Vinales e nuovi talenti che rispondono al nome di Binder e Oliveira. Joan li ha messi in riga tutti, li ha cucinati a fuoco lento senza mai perdere lucidità e buonumore. I campioni si vedono anche da questi aspetti, non solo dalla velocità.
Alex Rins, voto 8. Sprecone. Bisogna premettere che Rins ha corso le prime gare del 2020 con una spalla conciata male, dopo l’infortunio patito a Jerez. Tra l’altro non per colpa sua, perché si è infortunato nel tentativo di evitare la Ducati di Miller. Però Alex ha sbagliato anche in Austria, dove si stava giocando la vittoria, e a Le Mans, dove è caduto sotto l’acqua mentre era probabilmente il più veloce in pista. Il colpo di grazia al mondiale è arrivato con quella marcia sbagliata al tornante della 11 di Valencia. In fondo, un po’ tutta la carriera di Alex racconta di un pilota veloce, ma che ha sempre perso i campionati: contro Alex Marquez nel 2014 in Moto3, contro Zarco in Moto2 nel 2015 e 2016.
La squadra
GSX-RR, voto 10. Musicale. È stata paragonata a un violino perché suona davvero accordata: danza tra le curve, frena e accelera bene, digerisce come nessun altra moto le Michelin. Apparentemente la Suzuki non ha difetti, nemmeno nell’estetica: bella come poche altre, manca solo di un po’ di velocità di punta. È stata però vincente al punto da nascondere bene questa mancanza.
Team ufficiale, voto 10. Tutti per uno. E obbligatorio dare il voto pieno a Brivio e al suo team, perché pur con meno risorse rispetto a tutte le altre squadre a parte Aprilia, Davide e i suoi hanno abbattuto Golia. In soli cinque anni Suzuki è rientrata in MotoGP e ha vinto il titolo (anche quello dei team, seppure non se lo ricordi quasi nessuno). Povero Vinales: nel 2016 Brivio gli aveva prospettato un ruolo alla Schwantz se fosse rimasto, ma al tempo Maverick comprensibilmente scelse di andare a prendersi la moto di Jorge Lorenzo. Meglio non guardare indietro per Vinales, legittimo avere fiducia nel futuro per gli uomini di Hamamatsu.
Team satellite, voto (e posto) da assegnare. Fino a oggi Suzuki ha corso solo con due moto, un approccio che non è cambiato negli ultimi trent’anni, a ben vedere. Sembra però che, dietro pressione di Dorna, qualcosa stia cambiando in questo senso e Gresini è uno dei nomi che sembrano più gettonati a schierare altre due GSX-RR in griglia dal 2022. Nel frattempo va dato merito a Sylvain Guintoli di avere fatto un bel lavoro con la squadra prove. Negli ultimi tre anni il campione del mondo sbk 2014 ha corso appena dieci gare, raccogliendo in tutto 8 punti, ma ha percorso migliaia di chilometri nei test, sgrossando materiale tornato spesso utilissimo ai piloti in gara.
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