Marc Marquez e il TT, matrimonio impossibile: "Non voglio rischiare la vita"
Il campione di Cervera è stato categorico su una possibile partecipazione al Tourist Trophy: "Ho molto rispetto per i piloti che corrono lì, ma a me non piace. Vado in moto per divertirmi e per cercare il limite, ma all'Isola di Man è in gioco la vita"
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Il mondo della pista e quello delle road races al giorno d'oggi non hanno quasi più nessun punto di contatto. Se fino all'era di Giacomo Agostini anche i grandi campioni del motomondiale si cimentavano sulle curve del Mountain, ormai da metà anni '70 non solo il Tourist Trophy non fa più parte del campionato del mondo, ma i piloti che corrono la più antica gara motociclistica del pianeta sono specialisti delle corse su strada, e che solo in qualche sporadica occasione o in campionati nazionali si dedicano alle gare in circuito. Un fuoriclasse come Marc Marquez potrebbe mai decidere di confrontarsi in uno scenario del genere? La risposta è negativa e arriva direttamente dall'otto volte iridato.
Senza possibilità di dubbio
Marquez è stato molto chiaro a tal proposito, all'interno di un evento organizzato da Estrella Galicia: “Ho molto rispetto per i piloti che corrono lì, ma a me non piace. Vado in moto per godermi la vita, per divertirmi, per cercare il limite, ma per come la vedo io andare all'Isola di Man vuol dire giocarsi la vita. E io vado in moto per divertirmi, non per soffrire o mettere in pericolo la mia esistenza”.
Il campione di Cervera è indubbiamente uno dei talenti più cristallini che il motociclismo abbia mia visto, e anche uno dei piloti più coraggiosi e inclini al rischio di tutta la MotoGP. Ma si tratta di un rischio molto calcolato, corso all'interno di circuiti al massimo livello di sicurezza che si può raggiungere al giorno d'oggi. Gareggiare al Tourist Trophy è invece un tipo di competizione completamente diverso, dove il margine d'errore è minore, dove un piccolo sbaglio può costare davvero moltissimo. Il pilota deve accettare di gareggiare in un ambiente nel quale molti aspetti non possono essere controllati e il destino ha un ruolo a volte decisivo.
Tempi differenti
Se oggi Marquez non trova il Mountain tra le piste inserite nel motomondiale è anche perché un altro campione come Giacomo Agostini si batté una cinquantina d'anni fa per non disputare più le gare del mondiale su quella pista. Ago, che vinse sul tracciato stradale inglese per ben dieci volte, dopo la morte dell'amico Gilberto Parlotti decise che i piloti avevano diritto a correre su piste più sicure e nel 1976 il boicottaggio arrivò a far uscire l'anello di 37 miglia dal calendario del motomondiale. Oggi ci sono piloti che uniscono la passione per le road races alle gare in pista, ma anche fuoriclasse del TT come Peter Hickman riescono a ben figurare nei nazionali come il BSB ma fanno fatica nel mondiale superbike. WSBK e MotoGP sono scenari iper specialistici dove la cura del dettaglio vale più della capacità di dare il massimo in un contesto pericoloso.
Senza possibilità di dubbio
Marquez è stato molto chiaro a tal proposito, all'interno di un evento organizzato da Estrella Galicia: “Ho molto rispetto per i piloti che corrono lì, ma a me non piace. Vado in moto per godermi la vita, per divertirmi, per cercare il limite, ma per come la vedo io andare all'Isola di Man vuol dire giocarsi la vita. E io vado in moto per divertirmi, non per soffrire o mettere in pericolo la mia esistenza”.
Il campione di Cervera è indubbiamente uno dei talenti più cristallini che il motociclismo abbia mia visto, e anche uno dei piloti più coraggiosi e inclini al rischio di tutta la MotoGP. Ma si tratta di un rischio molto calcolato, corso all'interno di circuiti al massimo livello di sicurezza che si può raggiungere al giorno d'oggi. Gareggiare al Tourist Trophy è invece un tipo di competizione completamente diverso, dove il margine d'errore è minore, dove un piccolo sbaglio può costare davvero moltissimo. Il pilota deve accettare di gareggiare in un ambiente nel quale molti aspetti non possono essere controllati e il destino ha un ruolo a volte decisivo.
Tempi differenti
Se oggi Marquez non trova il Mountain tra le piste inserite nel motomondiale è anche perché un altro campione come Giacomo Agostini si batté una cinquantina d'anni fa per non disputare più le gare del mondiale su quella pista. Ago, che vinse sul tracciato stradale inglese per ben dieci volte, dopo la morte dell'amico Gilberto Parlotti decise che i piloti avevano diritto a correre su piste più sicure e nel 1976 il boicottaggio arrivò a far uscire l'anello di 37 miglia dal calendario del motomondiale. Oggi ci sono piloti che uniscono la passione per le road races alle gare in pista, ma anche fuoriclasse del TT come Peter Hickman riescono a ben figurare nei nazionali come il BSB ma fanno fatica nel mondiale superbike. WSBK e MotoGP sono scenari iper specialistici dove la cura del dettaglio vale più della capacità di dare il massimo in un contesto pericoloso.
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