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Pikes Peak, stop alle moto. Parla la madre di Dunne: “Non l’avrebbe mai voluto”

L’ipotesi di bandire - questa volta per sempre - le moto dalla Pikes Peak è stata annunciata dalla stessa organizzazione di gara subito dopo il tragico incidente che ha coinvolto il pilota Ducati. Ricordando la passione, dedizione e amore del figlio per la cronoscalata, la madre di Carlin Dunne si è però domandata: “Chi siamo noi per portare via il sogno degli altri piloti?”
Stop alle moto?
La morte di Carlin Dunne ha spinto gli organizzatori della Pikes Peak a valutare l’ipotesi di bandire dalla cronoscalata le due ruote. Una decisione assai difficile da prendere e riguarda alla quale, in passato, s’era già ampiamente discusso, lasciando le moto ai box - ma solo temporaneamente - in altre 5 occasioni. Stando alle parole di Megan Leatham, direttrice esecutiva della gara, la 6° potrebbe tuttavia essere quella definitiva: “alla Pikes Peak non c’è spazio per gli errori - ha dichiarato dopo l’incidente -  penso che sia giusto ragionarci.”
Sulla questione è però intervenuta anche Romie Gallardo, madre di Carlin Dunne che, ricordando il sogno del figlio, s’è chiesta se quella ventilata sia davvero la decisione giusta da prendere. Nel comunicato si legge: "Carlin amava la montagna. Lo  sfidava e lo attirava, chiamandolo a tornare continuamente. Lui le ha dato il dovuto rispetto. Era pienamente consapevole della sua capacità di "prendere”. Detto questo, so per certo che lui stesso non vorrebbe che in seguito al suo incidente le motociclette vengano bandite dalla competizione. Vorrebbe che imparassimo da questa tragedia. Incoraggerebbe le autorità preposte alla ricostruzione degli incidenti a fare ciò per cui sono stati addestrati e i funzionari di gara a mettere in atto ulteriori precauzioni di sicurezza. Non c'è nessun pilota che non sia consapevole del fatto che il loro amore per il loro sport potrebbe finire in un modo che a loro non piace. Nonostante ciò, il loro amore è così forte, che continuano a rischiare. Anche i familiari e gli amici dei piloti conoscono i rischi. Alcune persone semplicemente non possono, o non vogliono, capire il livello di impegno che i piloti provano nei confronti del loro sport. Tre giorni dopo l'incidente di Carlin un giornalista mi chiese: “Cosa ne pensi ora della gara?” Al che ho risposto: “Allo stesso modo in cui mi sentivo il 29 giugno, il giorno prima della caduta”. Per tutta la vita ho saputo che perderlo era una possibilità. Eravamo consapevoli del rovescio della medaglia di questo sport. Ero impegnata con lui e con i suoi sogni. Stava facendo ciò che amava. Quindi, chi siamo noi per portare via il sogno degli altri piloti di correre alla Pikes Peak International Hillclimb?”.
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