MotoGP - Ducati e i suoi piloti: amori e divorzi
Borgo Panigale vuole fare acquisti per il 2021: Vinales o Quartararo se Marquez sarà inarrivabile. In questi quindici anni di MotoGP tanti sono stati i campioni che hanno sposato la Ferrari a due ruote, ma spesso il matrimonio è stato difficile
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Il mercato piloti 2021 ruota innanzitutto intorno a Marc Marquez, ma le possibilità che la superstar della MotoGP si sposti da Hrc sono meno rispetto a quattro o due anni fa. Il fratello Alex lo ha raggiunto in una squadra costruita attorno a lui e Honda è disposta a ritoccare un già importante ingaggio nell'ordine dei 12 milioni a stagione.
Ducati dal canto suo non ha fatto mistero in passato di inseguire il 93, non solo in pista. Quando c'è di mezzo Borgo Panigale le trattative con i piloti sono storicamente materia incandescente, andiamo così a ripercorrere insieme al nostro Guido Sassi la storia dei matrimoni più importanti con la Rossa bolognese e le strade percorribili nel prossimo futuro dal marchio italiano.
Top rider fin dal principio
Ducati è quasi sempre riuscita ad avere piloti importanti: vuoi per le disponibilità economiche garantite dallo sponsor tabaccaio – soprattutto in passato - vuoi per una moto a più riprese intrigante e competitiva, vuoi per una discreta dose di fortuna che in qualche occasione ha deciso di passare dalle parti di Bologna.
Il primo pilota davvero di livello a sposare il progetto Desmosedici è stato Loris Capirossi. Il talento di Borgo Rivola nelle cinque stagioni disputate in classe regina aveva mostrato grandissima velocità e prestazioni altalenanti. Nel 2002 aveva scommesso sull'ultima stagione del due tempi, ma si era ben presto reso conto che contro i nuovi prototipi c'era poco da fare. Per il 2003 la nuova Ducati si mostrò subito la moto perfetta per Loris: un motore pauroso e un telaio ballerino non spaventavano certo il 65, che fino all'ultima gara del 2006 fu l'unico artefice dei successi in MotoGP per la Ferrari a due ruote. In particolare – proprio in quella stagione- Capirossi fu anche in lotta per il titolo. Senza la carambola di Barcellona – dove Gibernau fece strike di piloti come birilli- Loris avrebbe potuto forse conquistare il mondiale più importante. L'anno seguente invece - con l'avvento delle 800cc- Stoner prese il volo e il romagnolo patì la concorrenza. Le trattative per il rinnovo si arenarono nonostante uno storico di spessore (7 vittorie in 5 anni). Dal canto suo Ducati pensava di avere tra le mani una moto universalmente competitiva, mentre gli anni che seguirono dimostrarono come solo l'australiano era in grado di portarla al limite e vincere. Melandri compromise la propria carriera, Hayden fece il possibile ma non andò oltre tre podi in cinque anni.
Il divorzio da Stoner, la parentesi Rossi
Dopo avere perso Capirossi, Ducati riuscì a far scappare anche Stoner. Il rapporto con Casey si logorò nel corso degli anni, le vittorie calarono di stagione in stagione: 10 il primo anno, poi 6, 4 e 3 in un 2010 rovinato da mille incomprensioni. Stoner alla fine decise di andare in Honda, Ducati era convinta di avere tra le mani una scelta altrettanto buona con Rossi. Sappiamo tutti quale grado di frustrazione portò invece su entrambi i fronti il matrimonio del biennio 2011-12. A un contratto ricchissimo non corrisposero prestazioni altrettanto felici. Sia nella versione da 800cc e con diversi telai, sia con la nuova 1000cc, il Dottore si trovò in grossa difficoltà, e il momento di transizione societario con il passaggio del marchio ad Audi non aiutò a gestire le competizioni al meglio in quel periodo.
Dovizioso trova la strada
Il nuovo corso sotto la casa degli anelli iniziò con una scelta apparentemente di secondo piano, ma l'arrivo di Dovizioso si rivelò ben più fruttuoso di quanto sperato nel 2013. Andrea si appresta quest'anno a iniziare la propria ottava stagione in rosso: è di gran lunga il pilota che ha corso più a lungo per Borgo Panigale e con 13 vittorie è il secondo pilota più vincente dopo Stoner. Il forlivese ha guidato lo staff tecnico di Gigi Dall'Igna fuori dalle paludi di un periodo complicato, ma anche il suo rapporto con il leader del progetto e la proprietà ha vissuto alti e bassi. Le prime tensioni sono seguite al rapporto con Iannone, poi all'ingaggio di Jorge Lorenzo da parte di Ducati: il maiorchino guadagnava 25 milioni di euro in due anni e Andrea dopo le 6 vittorie della stagione 2017 pretese un adeguamento importante del proprio ingaggio. Allo stesso tempo le prestazioni dello spagnolo in Ducati non furono all'altezza del contratto sia nel primo anno che a inizio 2018, con appena 16 punti raccolti in 5 gare. Domenicali preferì puntare su Petrucci: il ternano nel 2017 aveva conquistato più podi di Jorge in un team satellite e prima del Mugello 2018 Danilo era andato a podio in Francia. In quel momento era davvero quasi impossibile pronosticare la doppietta di vittorie che Jorge avrebbe messo insieme tra Italia e Catalogna e così Ducati e Lorenzo terminarono la stagione da separati in casa. Non che Petrucci poi abbia avuto vita facile: sostenuto e difeso proprio da Dovizioso, ha dovuto fin dall'inizio della propria avventura in rosso subire una certa diffidenza da parte di diversi addetti ai lavori. Quest'anno la vittoria al Mugello non ha cambiato di molto la percezione che il paddock ha del ternano: le 13 gare senza podio che sono arrivate da Barcellona in poi hanno reso la vita complicata a Petrux.
Il futuro è alle porte
Se Petrucci ha patito, nemmeno Dovizioso ha avuto una stagione facile: il secondo posto in classifica conquistato dal forlivese per il terzo anno consecutivo ha fatto storcere il naso a chi ritiene che Andrea più di così non possa fare. La Desmosedici dal canto suo in questo 2019 ha subìto il ritorno di Yamaha e la crescita di Suzuki, ma a Borgo Panigale si vogliono guardare intorno per il 2021 proprio nel reparto piloti. Dovizioso non è detto che continui con Ducati o che continui in generale, Petrucci per mantenere il proprio posto nel factory team dovrà avere un inizio di stagione esplosivo. Per ora Dall'Igna si è parcheggiato Johann Zarco nel team Avintia, tiene in naftalina Jack Miller e spera in un secondo anno più convincente da parte di Bagnaia. Ma Ducati ha sondato il terreno sia per Maverick Vinales che per Fabio Quartararo, vale a dire le prime due opzioni che chiunque prenderebbe in considerazione se non potesse arrivare a Marquez. Il problema è che nella seconda parte del 2019 Ducati non è stata all'altezza di Yamaha e l'appeal della Desmosedici non è più quello di due anni fa. Le garanzie tecniche che la casa italiana offre sono solide, ma il team Yamaha ufficiale può forse apparire come una scelta più sicura in un'ottica di lungo periodo. Si sa poi che la Desmosedici è una moto che richiede un discreto adattamento ai propri piloti, mentre la M1 viene considerata più facile.
Di sicuro in Ducati il tempismo nella scelta dei piloti e la loro gestione spesso non sono stati ottimi: sicuramente - anche senza considerare Marquez- portare un top rider nel box è un'operazione più difficile e costosa a Borgo Panigale piuttosto che ad altre latitudini. Comunque andrà a finire, è opinione diffusa che entro il Mugello di quest'anno il futuro sarà scritto.
Ducati dal canto suo non ha fatto mistero in passato di inseguire il 93, non solo in pista. Quando c'è di mezzo Borgo Panigale le trattative con i piloti sono storicamente materia incandescente, andiamo così a ripercorrere insieme al nostro Guido Sassi la storia dei matrimoni più importanti con la Rossa bolognese e le strade percorribili nel prossimo futuro dal marchio italiano.
Top rider fin dal principio
Ducati è quasi sempre riuscita ad avere piloti importanti: vuoi per le disponibilità economiche garantite dallo sponsor tabaccaio – soprattutto in passato - vuoi per una moto a più riprese intrigante e competitiva, vuoi per una discreta dose di fortuna che in qualche occasione ha deciso di passare dalle parti di Bologna.
Il primo pilota davvero di livello a sposare il progetto Desmosedici è stato Loris Capirossi. Il talento di Borgo Rivola nelle cinque stagioni disputate in classe regina aveva mostrato grandissima velocità e prestazioni altalenanti. Nel 2002 aveva scommesso sull'ultima stagione del due tempi, ma si era ben presto reso conto che contro i nuovi prototipi c'era poco da fare. Per il 2003 la nuova Ducati si mostrò subito la moto perfetta per Loris: un motore pauroso e un telaio ballerino non spaventavano certo il 65, che fino all'ultima gara del 2006 fu l'unico artefice dei successi in MotoGP per la Ferrari a due ruote. In particolare – proprio in quella stagione- Capirossi fu anche in lotta per il titolo. Senza la carambola di Barcellona – dove Gibernau fece strike di piloti come birilli- Loris avrebbe potuto forse conquistare il mondiale più importante. L'anno seguente invece - con l'avvento delle 800cc- Stoner prese il volo e il romagnolo patì la concorrenza. Le trattative per il rinnovo si arenarono nonostante uno storico di spessore (7 vittorie in 5 anni). Dal canto suo Ducati pensava di avere tra le mani una moto universalmente competitiva, mentre gli anni che seguirono dimostrarono come solo l'australiano era in grado di portarla al limite e vincere. Melandri compromise la propria carriera, Hayden fece il possibile ma non andò oltre tre podi in cinque anni.
Il divorzio da Stoner, la parentesi Rossi
Dopo avere perso Capirossi, Ducati riuscì a far scappare anche Stoner. Il rapporto con Casey si logorò nel corso degli anni, le vittorie calarono di stagione in stagione: 10 il primo anno, poi 6, 4 e 3 in un 2010 rovinato da mille incomprensioni. Stoner alla fine decise di andare in Honda, Ducati era convinta di avere tra le mani una scelta altrettanto buona con Rossi. Sappiamo tutti quale grado di frustrazione portò invece su entrambi i fronti il matrimonio del biennio 2011-12. A un contratto ricchissimo non corrisposero prestazioni altrettanto felici. Sia nella versione da 800cc e con diversi telai, sia con la nuova 1000cc, il Dottore si trovò in grossa difficoltà, e il momento di transizione societario con il passaggio del marchio ad Audi non aiutò a gestire le competizioni al meglio in quel periodo.
Dovizioso trova la strada
Il nuovo corso sotto la casa degli anelli iniziò con una scelta apparentemente di secondo piano, ma l'arrivo di Dovizioso si rivelò ben più fruttuoso di quanto sperato nel 2013. Andrea si appresta quest'anno a iniziare la propria ottava stagione in rosso: è di gran lunga il pilota che ha corso più a lungo per Borgo Panigale e con 13 vittorie è il secondo pilota più vincente dopo Stoner. Il forlivese ha guidato lo staff tecnico di Gigi Dall'Igna fuori dalle paludi di un periodo complicato, ma anche il suo rapporto con il leader del progetto e la proprietà ha vissuto alti e bassi. Le prime tensioni sono seguite al rapporto con Iannone, poi all'ingaggio di Jorge Lorenzo da parte di Ducati: il maiorchino guadagnava 25 milioni di euro in due anni e Andrea dopo le 6 vittorie della stagione 2017 pretese un adeguamento importante del proprio ingaggio. Allo stesso tempo le prestazioni dello spagnolo in Ducati non furono all'altezza del contratto sia nel primo anno che a inizio 2018, con appena 16 punti raccolti in 5 gare. Domenicali preferì puntare su Petrucci: il ternano nel 2017 aveva conquistato più podi di Jorge in un team satellite e prima del Mugello 2018 Danilo era andato a podio in Francia. In quel momento era davvero quasi impossibile pronosticare la doppietta di vittorie che Jorge avrebbe messo insieme tra Italia e Catalogna e così Ducati e Lorenzo terminarono la stagione da separati in casa. Non che Petrucci poi abbia avuto vita facile: sostenuto e difeso proprio da Dovizioso, ha dovuto fin dall'inizio della propria avventura in rosso subire una certa diffidenza da parte di diversi addetti ai lavori. Quest'anno la vittoria al Mugello non ha cambiato di molto la percezione che il paddock ha del ternano: le 13 gare senza podio che sono arrivate da Barcellona in poi hanno reso la vita complicata a Petrux.
Il futuro è alle porte
Se Petrucci ha patito, nemmeno Dovizioso ha avuto una stagione facile: il secondo posto in classifica conquistato dal forlivese per il terzo anno consecutivo ha fatto storcere il naso a chi ritiene che Andrea più di così non possa fare. La Desmosedici dal canto suo in questo 2019 ha subìto il ritorno di Yamaha e la crescita di Suzuki, ma a Borgo Panigale si vogliono guardare intorno per il 2021 proprio nel reparto piloti. Dovizioso non è detto che continui con Ducati o che continui in generale, Petrucci per mantenere il proprio posto nel factory team dovrà avere un inizio di stagione esplosivo. Per ora Dall'Igna si è parcheggiato Johann Zarco nel team Avintia, tiene in naftalina Jack Miller e spera in un secondo anno più convincente da parte di Bagnaia. Ma Ducati ha sondato il terreno sia per Maverick Vinales che per Fabio Quartararo, vale a dire le prime due opzioni che chiunque prenderebbe in considerazione se non potesse arrivare a Marquez. Il problema è che nella seconda parte del 2019 Ducati non è stata all'altezza di Yamaha e l'appeal della Desmosedici non è più quello di due anni fa. Le garanzie tecniche che la casa italiana offre sono solide, ma il team Yamaha ufficiale può forse apparire come una scelta più sicura in un'ottica di lungo periodo. Si sa poi che la Desmosedici è una moto che richiede un discreto adattamento ai propri piloti, mentre la M1 viene considerata più facile.
Di sicuro in Ducati il tempismo nella scelta dei piloti e la loro gestione spesso non sono stati ottimi: sicuramente - anche senza considerare Marquez- portare un top rider nel box è un'operazione più difficile e costosa a Borgo Panigale piuttosto che ad altre latitudini. Comunque andrà a finire, è opinione diffusa che entro il Mugello di quest'anno il futuro sarà scritto.
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