MotoGP Suzuki, intervista esclusiva Davide Brivio: “Congelamento motori scelta al buio”
Abbiamo fatto una chiaccherata con Davide Brivio, manager del team Suzuki, analizzando i suoi primi cinque anni con la casa di Hamamatsu e le prospettive per questo 2020. La casa di Hamamatsu ha puntato molto sui giovani talenti e Alex Rins e Joan Mir stanno ripagando le aspettative
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"Abbiamo due carte da giocare"
Suzuki è rientrata in MotoGP nel 2015, a capo dell’operazione Davide Brivio, ex responsabile Yamaha SBK e MotoGP e a lungo legato a Valentino Rossi. Con il manager brianzolo il progetto della casa di Hamamastu è cresciuto bene, abbiamo fatto una lunga chiaccherata" (virtuale) con lui parlando dei suoi "ragazzi terribili" Rins e Mir e dei progetti per il futuro. Ecco cosa ci ha raccontato.
Guardando i test svolti, dove siete rispetto agli avversari?
I test invernali lasciano un po’ il tempo che trovano, ma qualche indicazione la danno. Onestamente eravamo molto contenti di cominciare. Avevo visto bene sia i piloti sia la moto. Alex era sicuramente molto veloce, con un buon passo. Eravamo davvero curiosi di vedere cosa sarebbe potuto succedere fin dalla prima gara. Anche Mir ha fatto quello che mi aspettavo. In base anche alla nostra esperienza il secondo inverno, dopo la prima stagione completa, avviene un po’ un cambio di mentalità nel pilota, viene fuori una marcia in più. Questo l’ho visto all’epoca con Vinales, poi con Rins e mi è sembrato di coglierlo anche con Mir. Abbiamo due piloti di grande talento, un buon pacchetto tecnico. Vogliamo lottare per il podio.
Come commenti il congelamento dei motori fino al 2022?
È stata una decisione corretta da prendere per due motivi: c’è stato un momento in cui le aziende italiane hanno dovuto chiudere perché la situazione era diventata difficile, mentre in Giappone si continuava a lavorare. Si poteva quindi creare uno squilibrio tra le aziende giapponesi e quelle europee. Eravamo tutti d’accordo. E poi c’è una questione legata ai costi, adesso ci sarà anche questo problema.
Questo per voi sarà un vantaggio o uno svantaggio?
Non lo so, lo potrò dire solo quando inizieranno le gare. La scelta è stata al buio per tutti, perché abbiamo provato il motore solo durante i test. È stata anche una scelta un po’ rischiosa, ma questa è la situazione. Bene o male i valori in campo li sappiamo, la nostra moto ha delle caratteristiche un po’ meno positive legate al motore, ma può sfruttare altre doti. Per il momento il motore sembra essere sufficiente per quella che è la nostra filosofia costruttiva.
Qual è stato il momento più bello e la sfida più difficile per te in questi cinque anni?
La cosa più bella è essere riusciti a vincere una gara nel 2016, solo al secondo anno e poi soprattutto riuscire a ripetersi con Alex (Rins) lo scorso anno. Nell’arco di pochi anni una squadra che è partita da zero è riuscita a vincere delle gare con due piloti diversi.
Il periodo più difficile è stato il 2017 quando abbiamo fatto delle scelte tecniche non corrette, a livello di motore. C’era Iannone che aveva grandi potenzialità, ma non riusciva a esprimersi, Alex che era debuttante e che si era fatto male subito saltando qualche gara. Per via del regolamento bisognava aspettare la stagione successiva per poter risolvere i nostri problemi. È stato frustrante, ma l’abbiamo superato e poi ci siamo presi delle soddisfazioni.
Avete due piloti molto giovani che avete portato in MotoGP, non è un caso, vero?
Abbiamo colto delle opportunità. Quando Vinales ha deciso di andare in Yamaha ci siamo resi conto che ci era piaciuto il progetto di iniziare con un giovane e c’era Rins che avrebbe voluto venire in MotoGP. Ci sembrava un talento e quindi abbiamo colto l’opportunità, la stessa cosa è successa con Mir: aveva vinto un campionato Moto3 al secondo anno con 11 vittorie, non una cosa facile. Ci piace un progetto giovane ma ci piace anche avere dei piloti di talento, con l’ambizione di creare dei top rider. Questi giovani crescono velocemente. Alex è molto bravo nel creare il suo pacchetto, nel fare le scelte quando proviamo un motore o un telaio, è molto preciso nelle indicazioni e questo lo ha mostrato già alla fine del 2017, quando abbiamo costruito la moto 2018. Sono piloti di talento, veloci e anche sensibili.
Suzuki è rientrata in MotoGP nel 2015, a capo dell’operazione Davide Brivio, ex responsabile Yamaha SBK e MotoGP e a lungo legato a Valentino Rossi. Con il manager brianzolo il progetto della casa di Hamamastu è cresciuto bene, abbiamo fatto una lunga chiaccherata" (virtuale) con lui parlando dei suoi "ragazzi terribili" Rins e Mir e dei progetti per il futuro. Ecco cosa ci ha raccontato.
Guardando i test svolti, dove siete rispetto agli avversari?
I test invernali lasciano un po’ il tempo che trovano, ma qualche indicazione la danno. Onestamente eravamo molto contenti di cominciare. Avevo visto bene sia i piloti sia la moto. Alex era sicuramente molto veloce, con un buon passo. Eravamo davvero curiosi di vedere cosa sarebbe potuto succedere fin dalla prima gara. Anche Mir ha fatto quello che mi aspettavo. In base anche alla nostra esperienza il secondo inverno, dopo la prima stagione completa, avviene un po’ un cambio di mentalità nel pilota, viene fuori una marcia in più. Questo l’ho visto all’epoca con Vinales, poi con Rins e mi è sembrato di coglierlo anche con Mir. Abbiamo due piloti di grande talento, un buon pacchetto tecnico. Vogliamo lottare per il podio.
Come commenti il congelamento dei motori fino al 2022?
È stata una decisione corretta da prendere per due motivi: c’è stato un momento in cui le aziende italiane hanno dovuto chiudere perché la situazione era diventata difficile, mentre in Giappone si continuava a lavorare. Si poteva quindi creare uno squilibrio tra le aziende giapponesi e quelle europee. Eravamo tutti d’accordo. E poi c’è una questione legata ai costi, adesso ci sarà anche questo problema.
Questo per voi sarà un vantaggio o uno svantaggio?
Non lo so, lo potrò dire solo quando inizieranno le gare. La scelta è stata al buio per tutti, perché abbiamo provato il motore solo durante i test. È stata anche una scelta un po’ rischiosa, ma questa è la situazione. Bene o male i valori in campo li sappiamo, la nostra moto ha delle caratteristiche un po’ meno positive legate al motore, ma può sfruttare altre doti. Per il momento il motore sembra essere sufficiente per quella che è la nostra filosofia costruttiva.
Qual è stato il momento più bello e la sfida più difficile per te in questi cinque anni?
La cosa più bella è essere riusciti a vincere una gara nel 2016, solo al secondo anno e poi soprattutto riuscire a ripetersi con Alex (Rins) lo scorso anno. Nell’arco di pochi anni una squadra che è partita da zero è riuscita a vincere delle gare con due piloti diversi.
Il periodo più difficile è stato il 2017 quando abbiamo fatto delle scelte tecniche non corrette, a livello di motore. C’era Iannone che aveva grandi potenzialità, ma non riusciva a esprimersi, Alex che era debuttante e che si era fatto male subito saltando qualche gara. Per via del regolamento bisognava aspettare la stagione successiva per poter risolvere i nostri problemi. È stato frustrante, ma l’abbiamo superato e poi ci siamo presi delle soddisfazioni.
Avete due piloti molto giovani che avete portato in MotoGP, non è un caso, vero?
Abbiamo colto delle opportunità. Quando Vinales ha deciso di andare in Yamaha ci siamo resi conto che ci era piaciuto il progetto di iniziare con un giovane e c’era Rins che avrebbe voluto venire in MotoGP. Ci sembrava un talento e quindi abbiamo colto l’opportunità, la stessa cosa è successa con Mir: aveva vinto un campionato Moto3 al secondo anno con 11 vittorie, non una cosa facile. Ci piace un progetto giovane ma ci piace anche avere dei piloti di talento, con l’ambizione di creare dei top rider. Questi giovani crescono velocemente. Alex è molto bravo nel creare il suo pacchetto, nel fare le scelte quando proviamo un motore o un telaio, è molto preciso nelle indicazioni e questo lo ha mostrato già alla fine del 2017, quando abbiamo costruito la moto 2018. Sono piloti di talento, veloci e anche sensibili.
Come pensi si evolverà la relazione tra i due ora che diventeranno rivali diretti?
Per ora va tutto bene! (ride) Hanno un buon rapporto, non vedo nessun problema, vivono entrambi ad Andorra e si incontrano là. Man mano che andremo avanti non so come andranno le cose. Sono ovviamente rivali. Penso che stiamo già beneficiando di questa rivalità interna, Mir è cresciuto e sta cominciando a insidiare un po’ Alex, anche nelle prove. Questo stimola Alex a spingere di più. Lo sport è fatto di tante rivalità, non posso garantire nulla!
Quest’anno ci saranno gare doppie in calendario, chi sarà avvantaggiato o svantaggiato?
Questo può avvantaggiare tutti perché tutti sono più preparati, non necessariamente i giovani o i più esperti. Un problema che ci sarà a Jerez, a luglio, è che probabilmente ci saranno 40 gradi. Potrebbero esserci delle situazioni molto critiche, molto caldo, magari gomme al limite, non sappiamo cosa aspettarci. Ci sarà questa variabile che sarà molto importante. Bisognerà essere anche preparati fisicamente e arrivare da un periodo così di vuoto potrebbe incidere.
KTM è già tornata in pista, voi come pensate di organizzarvi per fare dei test?
Abbiamo qualche problemino dovuto alla situazione. Abbiamo delle piste su cui girare con Guintoli, ma in Giappone c’era lo stato di emergenza fino a qualche giorno fa e non si poteva girare. In questo momento i giapponesi non possono uscire dal Paese, quindi siamo bloccati. Vedremo se riusciremo a fare qualche test tra fine giugno e inizio luglio.
Per il 2022 avevate l’idea di fare un team privato.
Nei piani di Dorna da quell’anno dovrà partire un nuovo contratto di cinque anni con tutti i produttori e i team, quindi poteva essere il momento adatto per dare in via a questa iniziativa. In questi ultimi tempi non ne abbiamo più riparlato, non è una cosa facile da organizzare perché non abbiamo una grande esperienza, non sappiamo esattamente quali risorse ci servirebbero e comunque occorre fare un accordo con una squadra esistente. Rimane comunque un nostro obiettivo.
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